Sette
Il numero sette era il suo numero preferito. Non per un
particolare motivo, l'aveva scelto così, inconsciamente, tanti anni fa. Non
c'entravano i sette peccati capitali, le sette note musicali o i colori dell'arcobaleno,
no, niente di tutto questo. Una sola cosa, fra le tante che aveva scoperto
attorno al suo numero portafortuna o intrigava: il sette
veniva considerato attraverso uno
strano calcolo, un numero "felice". . A parte questo, ripeto, non
esisteva niente di misterioso, di esoterico dietro a quella scelta... Quello che più lo affascinava di quel
numero era l'asciuttezza e la semplicità del segno grafico. Il 6, il 9, l'8 sono numeri svelti e un po' ruffiani con le loro curve
ammiccanti mentre il 7 no, niente salamelecchi, rigido, spigoloso
non cerca di farsi amare a tutti i costi,
perciò chi lo sceglie lo fa accettandolo così com'è punto e basta.
Anche
gli uomini, Giuliano li giudicava con il medesimo metro e fu probabilmente per
questo motivo che diventai il suo amico più fidato. Adorava le persone lievemente antipatiche, più per
timidezza che per arroganza, "un po' riservate che parlano poco ma che
quando lo fanno devi prendere nota sul taccuino" mi diceva "l'essere taciturno rende l'uomo maggiormente affidabile" continuava. Quando raramente gli capitava di incontrarne qualcuno
diceva sempre: "ecco un bel sette, mi piace".
Spesso
mi raccontava quanto quel numero
fosse stato presente in molti momenti della sua vita: a sette anni, la prima
bici, durante le partite a pallone aveva sempre ricoperto il ruolo della
mezzala con il numero 7 sulla maglietta, alle superiori aveva deciso che la
media del sette fosse un risultato più che dignitoso - anche se alcuni insegnanti lo consideravano poco ambizioso
-, 7 era il numero dell'autobus che lo portava a scuola, sette le donne della
sua vita, l'ultima si chiamava Iris, e così via. Aveva addirittura cambiato il
suo nome di battesimo, di otto lettere, da Giuliano a Giulian" un po' meno provinciale, non trovi? "
si giustificava. Anche se non lo ammetteva, quel numero era diventato per lui
una vera ossessione e si sa, come
spesso le fissazioni scaramantiche possano condizionare lo svolgere
della vita.
Ora in quel preciso momento si trovava
chiuso in un ascensore diretto al settimo piano di un vecchio edificio totalmente occupato da uffici,
civicamente situato al numero 7 di via Tarquinio Prisco (uno dei sette re di
Roma). Nonostante fosse domenica, eri lì per lavoro. A volte gli capitava di riflettere su quella sua professione così insolita che svolgeva con grande dedizione da poco più di
un anno ma con indubbia
predisposizione, visti i risultati piuttosto incoraggianti ottenuti. Certo la meticolosità, la
precisione e la freddezza tipica del suo carattere lo avevano sicuramente
aiutato.
Giulian
era un Killer, un ottimo Killer.
Si era recato in quel vecchio palazzo, nonostante fosse un giorno festivo
per portare a termine – parola più che appropriata – questo nuovo e decisivo
“incarico”. “Il prossimo sarà l’ultimo e poi basta" mi aveva confidato "
ho già messo via un bel po' di quattrini e ho anche prenotato un volo per le
Mauritius… Mi aspettano....”.
"Un posto?!... e Iris?” gli avevo
chiesto
“Iris
mi ha stancato, sta diventando asfissiante, naturalmente non sospetta nulla, e
per questo che la valigia con i contanti è meglio se la tieni tu… e poi non
vorrei abusare della fortuna, l' ultima volta c'è mancato tanto così ".
In
effetti, aveva accettato quest'ultimo affare con non poca
riluttanza - la precedente"commissione" aveva presentato notevoli
difficoltà - ma i soldi in ballo
questa volta erano davvero molti e
poi lo tranquillizzavano tutti quei 7: numero civico, settimo piano, settimo incarico, settimo
giorno della settimana... quel numero gli aveva sempre portato fortuna e, ne
era fortemente convinto, lo avrebbe fatto anche questa volta. Aveva ripassato
il piano nei minimi dettagli: il "soggetto" ogni giorno,
immancabilmente, compreso la domenica si fermava nel suo studio per pianificare
personalmente il lavoro per la giornata successiva e lo stabile a quell'ora era
completamente deserto. Tutto nella sua mente era stato calcolato nel minimo
dettaglio, come al solito. Certo se non ci fosse stato quell'imprevisto dell'ascensore
sarebbe stato perfetto perché niente gli procurava ansia come il salire su un
ascensore. Si sentiva in trappola
dentro quella scatola e lo innervosiva essere in balia di quel mezzo meccanico,
lungo o corto fosse il tragitto. Solitamente preferiva salire le scale a piedi
" per tenermi in forma "
- diceva, ma in realtà non sopportava di restare chiuso in quel parallelepipedo scricchiolante,
gli mancava l'aria ma soprattutto
temeva di precipitare, che i cavi all'improvviso potessero cedere.
Immaginava
la discesa verso l'inferno e sentiva tutta l'impotenza dell'uomo. "almeno
avessero messo delle sbarre, quassù in alto, così da potersi attaccare nell’attesa
dell'impatto".... Queste e altre assurdità vagavano nella sua mente ogni
volta che ne prendeva uno. Odiava non avere il controllo totale sulle cose.
Questa
volta non aveva avuto scelta: un triplo nastro bianco e rosso sbarrava
l'accesso alle scale e un cartello ne indicava l'inaccessibilità a causa di una
manutenzione straordinaria.
A
malincuore si era visto costretto ad usufruire di quel montacarichi
dall'aspetto poco rassicurante.
Con
la mano inguantata aveva schiacciato nervosamente il pulsante con su
stampigliato il numero sette e l'ascesa era cominciata.
Fu
in prossimità del sesto piano che quello che aveva sempre temuto accadde: l'ascensore rallentò fino a
fermarsi, si sentì un sibilo assordante
simile al fischio del treno seguito da un rumore di ferraglia e un
istante dopo, con un grido lancinante l'ascensore precipitò.
Ci
mise 7 secondi a fracassarsi al suolo.
In
quella frazione di tempo, Giulian non ebbe il tempo di formulare il ben che minimo
pensiero.
Ma anche se generosamente gli fosse stato concesso qualche minuto ancora, difficilmente avrebbe realizzato che quella sua triste fine non era dovuta semplicemente ad uno scherzo del destino, ad un lancio di dadi sbagliato.
difficilmente avrebbe realizzato
che Iris si era accorta da tempo del calo di passione nei suoi confronti
difficilmente avrebbe realizzato che io, l’amico fedele ero diventato il
suo amante
difficilmente avrebbe realizzato che subito dopo la sua confidenza di voler
sparire con tutti i soldi io ed Iris abbiamo organizzato il nostro piano
difficilmente avrebbe realizzato che eravamo stati noi a ingaggiarlo per quell'incarico e
infine
difficilmente avrebbe realizzato che il cartello posto davanti alle scale si
riferiva all'ascensore: era bastato semplicemente spostarlo…
Beh, ad essere
sinceri, qualche bullone l’ho allentato, così per precauzione, sette per la precisione.
Iris
era la tua settima donna, caro Giulian e tu l'hai tradita infrangendo così l'ultimo
dei sette sigilli
Stefano
Mina