Certo, lui ci provava ad essere obiettivo. Come aveva sempre fatto
metteva sulla bilancia le ragioni degli uni e quelle degli altri ma non
c’era nulla da fare e alla fine stava sempre dalla parte degli ultimi,
nonostante si rendesse conto che queste sue scelte lo stavano sempre più
isolando. Se non fosse stato per i pochi amici e la sua stretta cerchia
famigliare la situazione sarebbe stata davvero critica, soprattutto
per la sua salute mentale, perché nonostante sentisse nel profondo che
era nel giusto, rendersi conto ogni giorno di più di quanto la società
stesse inesorabilmente peggiorando, culturalmente ma soprattutto civilmente, gli dava come una vertigine, un senso di oppressione di cui faticava sempre
più a liberarsi. No, non erano le notizie di cronaca dei quotidiani o
quelle scandite da giornalisti televisivi sempre meno credibili a
rattristarlo ma il vocabolario quotidiano della cosiddetta “gente
comune” di quelli che incontrava al bar, nei negozi, sul lavoro, il
vocabolario di chi ha smesso da tempo di porsi domande, di chi ha preferito affidarsi a reazioni scomposte, ai propri bassi istinti e ha
rinunciato una volta per tutte a mettersi nei panni degli altri, quelli
sporchi, intrisi di miseria e di sudore a difesa del proprio mondo
sempre meno luccicante con l’anima cieca di chi pensa che l’egoismo lo
salverà.
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