giovedì 15 settembre 2016

Cold cold Ground


  Il mio avvicinamento a Tom Waits è avvenuto tardi (1987), indirettamente grazie a Fabio che aveva allora tre anni. No, non era, allora, un enfant prodige. Ora spiego; tutto molto semplice. Eravamo andati, Cinzia ed io in un negozio Prenatal, in via Soardi a Rimini. Dopo aver fatto acquisti, mentre mia moglie si attardava, esco in strada a fumarmi una sigaretta (già, allora avevo questa abitudine…bei tempi!) e dagli altoparlanti del negozio di dischi situato proprio davanti al baby store parte una ballata mai sentita. La voce del cantante è calda e profonda, la musica semplice ma coinvolgente, basso chitarra poi entrava la fisarmonica “Cold Cold Ground “ ripeteva ad ogni strofa quella voce così cavernosa che pareva provenire proprio dalle viscere di quella terra di cui stava cantando. Esce Cinzia, la chiamo e le dico di ascoltare. Fu amore a primo ascolto.
Ancora oggi, quello rimane per noi un brano speciale, il primo boccone di quello che si sarebbe poi rivelato un piatto davvero delizioso.
Entrammo subito al New Note e chiedemmo di chi si trattasse. “Tom Waits, forse l’unico bianco che può permettersi di cantare blues” risponde uno dei proprietari di quel piccolo negozio che di lì a poco sarebbe diventato il “mio negozio” ( purtroppo oggi non c’è più) dove avrei trascorso gran parte del mio tempo. “lo prendo! Ce l’hai la cassetta?” (allora possedevo solo una piastra di registrazione) “No, purtroppo no, ho solo l’LP, su nastro però ho Rain Dogs, il suo album precedente, molto bello… Franks Wid Years mi arriverà la prossima settimana” Bene, ma siccome avevo le fregole e non volevo rimanere sulle spine per sette lunghi giorni acquistai Rain Dogs, che ad essere onesto, al primo ascolto risultò un poco coriaceo, non avevo ancora tarato l’orecchio su certe frequenze, ma poi…ma poi è tutta un’altra storia.

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