lunedì 29 settembre 2008

una splendida giornata



Questa mattina ero solo e la giornata era splendida. Non era splendida perché ero solo, era splendida perché ogni tanto le giornate decidono di esserlo. Fabio registrava un pezzo al computer , Luca smaltiva i postumi della domenica seduto in un aula del liceo e Cinzia si baloccava con una decina di marmocchi nel nido in cui si guadagna la pagnotta... e io, dopo un buon caffè da Sauro, sono andato a fare due passi sulla spiaggia oramai liberata da tutte quelle creature dalla pelle cangiante chiamate volgarmente turisti. Il mare era lucidato a nuovo e l'aria salmastra si insinuava fredda nei polmoni, solleticandomi le narici. Camminavo sulla battigia e delle piccole onde accarezzavano i miei passi. La mia, comunque non era una passeggiata senza scopo... avevo deciso di cercare un legno, uno di quei tronchi abbandonati dal mare e poi gettati a casaccio sulla riva, per portarlo a quel fetente del mio gatto che a forza di farsi lo "zampicure" sulle poltrone di casa, aveva già distrutto la poang targata ikea e da qualche giorno si stava dedicando con grande solerzia al ben più pregiato trepposti molteni... perciò prima di avere la tentazione di regalarlo - il felino non il divano - a qualche vicentino di antiche abitudini culinarie, dovevo trovare qualcosa che sostituisse gran parte dell'arredo di casa, sperando fosse di suo gradimento. Dopo aver percorso un paio di chilometri sono tornato indietro con un paio di trofei. Uno pareva una murena lunga ottanta cm circa e l'altro una sorta di mandibola lignea. Giunto a casa, dopo averli puliti li ho stesi sul terrazzo ad asciugare al sole. Ciccio, che non sopporta gli intrusi, vi si è avvicinato con fare piuttosto guardingo (si stava cagando sotto) con l'arco della schiena piuttosto pronunciato e una coda gonfia come un piumino da spolvero, ha annusato e poi se n'è andato per nulla entusiasta. Sono convinto che domani andrà meglio e riuscirà a stabilire un contatto con le presenze aliene. Glielo auguro. Intanto ho memorizzato nella rubrica del telefono il numero della trattoria " L'oca bianca" di Vicenza... non si sa mai!

p.s. le cose trasportate dal mare e depositate sulla battigia, qui dalle mie parti vengono raggruppate in un unico nome "almadira". Bel nome esotico vero?
Il primo gruppo musicale di fabio si chiamava proprio così. La loro musica era
impregnata di molteplici sonorità, arabe, greche, irlandesi... a loro piaceva pensare che tutti quei suoni fossero giunti a loro trasportati dal mare.

stefano



giovedì 25 settembre 2008

Da non perdere!!!

mi scuso per la poca tempestività ma più che di cafonaggine credo si tratti di rincoglionimento precoce... segnalo perciò, in netto ritardo, che sul blog di Enrico Gregori c'è un bel racconto "cattivello" del nostra gentilissima morena fanti

stefano (ex galantuomo!)



venerdì 19 settembre 2008

Per un concorso



Premessa: in questi ultimi mesi ho partecipato a diversi "giochi" letterari sul web, con brevi racconti; c'è una cosa che accomuna quasi tutti questi concorsi ed è la richiesta che vengano prodotti testi con un determinato numero di battute, di caratteri, tassativamente da non superare.
Anni fa, stimolato da un regolamento simile trovato su un quotidiano nazionale, scrissi questo breve racconto che poco fa ho ritrovato. Niente di eccezionale ma abbastanza simpatico, sempre che simpatico, per un racconto, possa considerarsi un complimento.




Bene, il foglio ce l’ho, la penna anche, posso cominciare. Il regolamento parla chiaro: non più di 50 battute per riga, non più di venti righe…Beh, visto che vogliamo giocare duro, facciamo che il tutto si debba svolgere in non più di mezz’ora, giuro che non imbroglio. Pronti, Via!
Ora focalizziamo l’argomento, che sarà, vediamo un po’, sarà….. Ecco, ho trovato: la vicenda si svolge in treno, sempre di gran fascino il treno, poi ci vuole una donna, immancabile in ogni storia che si rispetti Sta leggendo, nello scompartimento è sola, leggermente distesa sul sedile accanto al finestrino, un cappello color panna, a larga tesa, giace al suo fianco, il collant all’altezza della caviglia sinistra è leggermente smagliato e lascia intravedere una piccolissima… Accidenti, mi perdo sempre in inutili dettagli… certo se almeno avessi avuto una trama da seguire, una traccia, anche minima, prima di attivare il cronometro; ma oramai è troppo tardi ed è inutile recriminare, non posso più tirarmi indietro, l’ho giurato! Vediamo, sono già trascorsi 10 minuti. Accidenti! Il tempo, come sempre sa essere impietoso, in ogni circostanza, ma non è il caso di perdersi d’animo nella carrozza, dove è seduta, ignara, la nostra protagonista, sale un uomo, anche lui indossa un cappello; si guarda attorno nervosamente e sale furtivamente ma alquanto lestamente (pessimo passaggio, lo modificherò in seguito) Cinque minuti ancora, la faccenda si complica, comincio a preoccuparmi, e poi, le battute sono poche, le ho contate Si incammina nel corridoio, ogni tanto si volta; la valigia che ha in mano è piuttosto ingombrante e pesante e gli impedisce di muoversi come vorrebbe. Mentre passa getta lo sguardo all’interno di ogni compartimento, come se cercasse qualcuno, sembra preoccupato... Certo che questi organizzatori di concorsi letterari sono davvero incredibili; sembra che per loro la difficoltà dello scrivere non conti nulla, lo sforzo creativo che il più delle volte stenta a sfociare in qualcosa di originale, l’utilizzo corretto del linguaggio, la ricerca delle parole, la punteggiatura, no, questo per loro non è sufficiente e allora ti piazzano lì dei bei vincoli, paletti li chiamano: righe, battute, parole, caratteri... questi non sono semplici paletti, che diamine! Diciamo piuttosto che sono travi messe di traverso per renderti la vita difficile!
No, non è possibile, sto qui ad elucubrare e intanto le lancette dell’orologio corrono e mi restano poco più di due minuti … Non importa, ce la farò ugualmente! Allora, dove ero rimasto? Ah! sì, ecco Improvvisamente si ferma davanti alla cabina dove siede la donna che non si è accorta di nulla e continua a leggere il suo romanzo. Ogni tanto gli occhi tentano di chiudersi, costringendola a ritornare sulle frasi appena scorse, ma un lieve colpo di tosse del nostro individuo la fa uscire dal suo torpore costringendola a volgere la testa verso di lui che con un abbozzo di sorriso sulle labbra le dice: “Sono duemila, signora, gliela lascio qui nel corridoio, è così pesante!” Tempo scaduto.

stefano








martedì 16 settembre 2008

Promemoria per chi(uomini e donne)non fugge mai

mentre ero assente sono arrivate nuove "fughe"... qualcuno se n'è forse accorto?
siamo già a nove, chi sarà il decimo?
questi, finora gli amici narratori: annalisa, didò, gea, lanoisette, southwest, mario, morena fanti, alivento, e naturalmente il sottoscritto...

ciao
stefano




letteriadi 2008/promemoria


Sul blog di Laura e Lory continuano le letteriadi 2008
qi sotto l'incipit:
"Degli altri quattro sensi non c'era traccia. Tutto ciò che riuscivo a sentire era uno stucchevole sapore di glassa alla fragola..."
Ci sono già state le prime eliminazioni ma la "gara" continua fino al 15 ottobre
p.s.i racconti (max 5000 battute) vanno spediti a falconeloredana@libero.it entro il 15 ottobre
ciao
ste


giovedì 11 settembre 2008

i racconti del castello



sul blog VDBD, nel mese di agosto c'è stato un gioco letterario a cui ho partecipato, dal titolo "al castello di Dunnottar"...se vi interessa c'è la possibilità di leggere tutti i racconti sul sito di morena fanti oppure di scaricare il pdf o acquistare il libro.
il mio è qua sotto:



Dalla piccola stazione di Stonehaven, tra la nebbia e i richiami dei gabbiani, percorremmo tre miglia a piedi, lungo un viottolo sterrato, stretto e scivoloso. Tra rocce, grotte e rupi scoscese che precipitano a picco sul mare del Nord, arrivammo finalmente al Castello di Dunnottar.

L’escursione si era rivelata davvero difficoltosa. Pensare che Cinthia e io, di camminate ne avevamo fatte, in questi anni. Forse l’umidità, la nebbia, che per fortuna ora si stava diradando e le rocce così frastagliate avevano contribuito a renderla maggiormente ardua.
Giunti in cima però la fatica lasciava posto allo stupore per la bellezza che ci circondava.
In lontananza, oltre il vecchio castello che ora si ergeva davanti a noi con tutto il suo carico di storia e di mistero, la suggestiva visione di un mare d’ardesia si fondeva con il grigio del cielo.
“ E’ stata durissima, ma ne è valsa la pena, non trovi cara?”
“ Beh! se non fosse per questa umidità che toglie il respiro, direi proprio di sì … non riesco però a capire come sia venuta a Marta l’idea di portarci fin quassù, proprio lei che detesta camminare, e poi quanto ha insistito !?…

Il motivo di questa nostra gita l’avevo intuito da tempo e lo trovavo, sì bizzarro ma tipico di Marta.
Marta era “il mio principale”, un vero mastino e ultimamente si era presa una cotta adolescenziale per me. Naturalmente fingevo di non rendermene conto per evitare di essere scortese e di cacciarmi in una situazione alquanto sgradevole. Tutti ne erano a conoscenza in azienda, tutti tranne Cinthia, fortunatamente. Non è il tipo, Cinthia da accettare certe cose.
In un primo momento, anch’io mi ero stupito per quella strana proposta di vacanza, in quel posto sperduto nel nord della Scozia. Ma dopo essermi documentato, cosa che facevo sempre prima di partire per un viaggio, tutto fu chiaro. Avevo scoperto che una delle leggende popolari attorno al castello di Dunnottar era incentrata sul suo potere magico. Niente vampiri o lupi mannari, no niente di tutto questo. Davanti al castello vi era uno spiazzo naturale una sorta di terrazza a strapiombo sul mare. In fondo allo spiazzo vi era un’appendice rocciosa, come una piccola piattaforma. Chi, in una notte di luna piena, vi fosse salito poteva esaudire un proprio desiderio.
Per questo semplice e assurdo motivo Marta aveva scelto quella meta, nonostante odiasse la montagna e la fatica fisica.
Pensava di riuscire a conquistare il mio cuore servendosi della magia, dato che non vi era riuscita con le normali astuzie della seduzione, le quali spesso consistevano in esplicite minacce di licenziamento. Ma con me si era comportata in maniera diversa. Forse era davvero innamorata.


Aspettammo Marta e raggiungemmo gli altri due membri della spedizione che ci aspettavano 50 metri più in alto.
Questi erano Ugo e la guida locale che egli aveva contattato, giorni prima, affinché ci conducesse al castello. I due parlottavano fra loro come vecchi amici.

Ugo era per così dire il compagno di Marta. Lavorava anche lui in ditta da alcuni anni ma nessuno sapeva con precisione quali fossero le sue mansioni. Provavo per lui un misto di rabbia e tenerezza. Più che l’amante del capo, a me pareva un fedele cagnolino, così servile e sottomesso. Sopportava ogni genere di angheria, di umiliazione, e tutto per stare accanto ad una donna che, era evidente, provava per lui soltanto attrazione fisica.


Giungemmo finalmente davanti al portone d’ingresso del maniero. Era quasi buio. Tutto lasciava presagire una notte luminosa. In lontananza una splendida luna fece la sua apparizione nel cielo color bitume. Tonda come ogni luna piena che si rispetti.
“Appena in tempo” disse Marta con quel poco di energia che le era rimasta.
“Ora possiamo accamparci nel rifugio. Ugo che aspetti, vuoi aprire quella porta?” Sbuffò acida.
Ugo sorrise e strisciò all’interno della baita dove avremmo trascorso la notte. In quell’istante, più che un verme a me parve un serpente.
Passarono circa due ore. Dopo che ci fummo ristorati e riposati, Marta mi si avvicinò e sussurrò: “ Vieni caro, ti voglio mostrare una cosa”.
Lasciammo il resto della compagnia attorno al fuoco a ascoltare le simpatiche storielle che Ugo, abile narratore, stava raccontando. Io che odiavo le barzellette fui ben lieto di uscire fuori dalla capanna.
Marta mi invitò nuovamente a seguirla.
Naturalmente immaginavo quale fosse la meta.
Infatti di lì a poco ci trovammo a ridosso dello strapiombo e Il mio capo salì sulla fatidica sporgenza. Finsi un credibile “ ma che fai cara, sei impazzita, rischi di cadere…” Sotto a 300 metri circa, nel silenzio della notte si udivano le onde infrangersi dolorosamente contro la base del monte.
Lei improvvisamente alzò le braccia verso il cielo. Guardò me e poi la luna e infine gridò:
“Ora tu sarai mio, per sempre”
Fu un lampo. Un attimo prima, la sua bianca figura si stagliava nell’oscurità come la polena di una nave e un istante dopo, il tempo di un battito di ciglia, Marta sparì nel nulla, come inghiottita. Solo un grido. Un suono lancinante che rapidamente sfiorì nelle tenebre fino a scomparire del tutto. Ero come paralizzato quando il resto della combriccola sopraggiunse al mio fianco. Avevano sentito quell’urlo terribile e si erano istintivamente precipitati fuori. Cinthia e la guida si sporsero dalla terrazza quel tanto per capire cosa fosse successo. La roccia sporgente aveva ceduto. Dopo settecento anni.
Ugo mi teneva un braccio sulla spalla. Con uno strano e diabolico sorriso sulle labbra disse, guardando nel buio:
“Anch’io avevo un desiderio da esprimere Marta, il mio è stato esaudito. E il tuo?”


stefano mina






mercoledì 10 settembre 2008

sono tornato!

...anche se ad essere sinceri, non ero mica partito!
comunque eccomi di nuovo nella mia stanza dopo 15 giorni di esilio forzato...beh! un po' di casino, c'è... perciò per prima cosa faccio un po' d'ordine e sistemo subito i racconti di mario, lanoisette, southwest e morena nel posto che compete loro...fra i "fuggitivi" proprio qui sotto. Andate a leggerli se volete e magari commentateli. Naturalmente le " vostre" fughe sono sempre ben accette!
ciao a tutti!