mercoledì 15 gennaio 2014

UROBOROS

 

Un insegnante sale sul treno ancora assonnato; si siede al primo posto libero in una carrozza poco riscaldata. Arriva il controllore per la verifica dei biglietti. Il viaggiatore gli mostra scocciato l’abbonamento pensando tra sé e sé “ sono anni che prendo il treno e questo qua ancora mi chiede l’abbonamento” 
Al pensiero seguono le parole: “ Ma non si vergogna a chiedere i biglietti? Pazienza il ritardo ma non sente che questa vettura è gelida, ci trattate come bestie ci trattate e avete pure il coraggio…”
“ma guardi che questa è l’unica vettura fredda, le altre sono calde e riguardo al ritardo…” prova a rispondere il capotreno ma non riesce a concludere la frase perché l’altro “ sì, sì, ne avete sempre una pronta, intanto io sto qui a congelarmi! se foste una azienda privata le cose cambierebbero, non vedo l’ora che venga un Italo anche per i regionali”

Sono le 12 e 45 il nostro ferroviere ha appena terminato il suo turno di lavoro. Non vede l’ora di andare a casa. La Mattinata è stata piuttosto pesante e la sveglia ha suonato alle 4 ma prima deve passare alle poste che è l’ultimo giorno per pagare quella “cazzo” di Tares e l’addebito in conto corrente non si può fare. Entra nell’ufficio postale, prende il numero e guarda il monitor digitale “ accidenti ho davanti venti persone” I posti a sedere sono tutti occupati, gli tocca restare in piedi. Mentre è lì che aspetta, un po’ stanco e preoccupato per la paura di non farcela si guarda attorno. Solo tre sportelli aperti. “Guarda quella ,si alza, dove va adesso ma non vede che c’è la fila? E quella vecchia è mezzora che ciarla, perché non prende un appuntamento invece di farci perdere tutto questo tempo” si gira in cerca di complicità e la trova: “ Siamo proprio in Italia! e quello adesso dove va? Scusi sa, le sembra questo il momento di assentarsi, è una vergogna, qua c’è un sacco di gente che aspetta… e aprite un altro sportello no! gli grida attraverso il vetro. “Signore stia calmo e aspetti il suo turno” risponde l’impiegato “ sono due ore che non mi sposto da quella sedia sa e anche noi abbiamo le nostre esigenze fisiologiche e siamo solo in tre…è tutta la mattinata che c’è fila per pagare la Tares e tutti si sono decisi l’ultimo gio…” Sì sì, sempre ad accampare scuse, fate bene il vostro mestiere piuttosto, vi paghiamo e ci tocca pure subire tutta la vostra disorganizzazione”

Alle due e trenta il nostro impiegato delle poste esce dal bar vicino alla piazza del mercato. Ha pranzato in fretta sorseggiando una birra ghiacciata e il panino gli si è rimasto sullo stomaco. Oggi deve andare al colloquio con gli insegnanti dell’istituto frequentato da suo figlio e sua moglie è impegnata così ha preferito rimanere in centro per non perdere troppo tempo e tra l’altro a “quello stronzo di Italiano” gliene deve dire un paio. Pensava di essere il primo ma dentro la scuola ci sono già numerosi genitori in attesa e la cosa lo innervosisce non poco viste le perdenti esperienze. Si affretta a segnarsi su degli elenchi apposti alla porta di diverse aule ma sa già che non sarà così semplice e che dovrà usare tutto il suo acume strategico e la sua scaltrezza per perdere il minor tempo possibile… Una vera Guerra senza esclusioni di colpi. Dopo diverse discussioni e prevaricazioni verbali arriva finalmente il suo turno e si trova faccia a faccia con l’insegnante di lettere. “Cos’è questa storia che mio figlio non studia e che è un prepotente? gli dice appena il professore apre bocca “Ma lo sa quanta roba hanno da studiare sti ragazzi e poi come fanno con la palestra… e gli amici, la vita sociale? lettere poi, cosa ci faranno una volta usciti da qua con la poesia e la letteratura? E’ roba che si mangia, forse? Questo è un istituto tecnico caro il mio professore, forse non se n’è accorto… devono imparare a usare le mani e basta… sì certo, anche per reagire alle provocazioni! Piuttosto se la prenda con quel coglione di Giorgini che è un mese che gli dà del gay perché si depila… Cosa doveva fare secondo lei, subire e stare zitto? Come no, tanto voi che vi frega?! …E poi cosa è sta storia del cellulare spento durante le sue lezioni?
“ guardi che se deve comunicare delle questioni urgente c’è sempre la segreteria, non…” riesce appena a dire lo smarrito docente nuovamente interrotto dal furibondo genitore
“ Ma che cosa dice? ho speso seicento euri per quello smarfon o come cavolo si chiama e non posso neppure telefonargli… ma che ne sa lei? sicuramente non avrà figli adolescenti, altrimenti… lei è un insegnate, allora si limiti alla sua materia, che quello è il suo mestiere, tra l’altro neppure troppo faticoso visto le poche ore che lavorate… e vi lamentate pure”.

Sono le 18 e 30, l’aula finalmente è vuota. Al nostro insegnante di lettere scoppia la testa ma cerca di resistere perché sa che la giornata non è ancora terminata. Deve correre in stazione e prendere il treno delle 19.00 che lo porterà a casa dopo poco meno di un’ora di viaggio… sempre che sia in orario.

giovedì 9 gennaio 2014

sulla lettura

A volte, quando si parla di letteratura, dell’emozione che riesce a trasmettere, pare quasi che si esageri ma chiunque avesse ascoltato le parole di Cinzia questa mattina a colazione parlandomi dell’ultimo libro che sta leggendo “Non ora, non qui” il primo libro di Erri De Luca (a mio parere uno dei nostri più grandi scrittori) edito nel 1989  si sarebbe reso conto di  quanto possa essere magico il potere della lettura. Nelle sue parole c’era una tale enfasi, quasi infantile, da far sorridere, mi invitava a leggere il racconto al più presto e mi decantava ancora una volta la bellezza della prosa di Erri della sua poetica, del umanità che si percepisce in ogni sua frase: “ ogni volta che incomincio a leggere non vorrei smettere e mi dispiace solo che sto per finirlo; pensa ieri sera ho letto una rivista per ritardare quel momento.
Ma come è possibile  scrivere in questo modo meraviglioso? e dopo?

Enfasi eccessiva? Chi ama leggere sa che non è così. Quelle sensazioni le provi ( purtroppo non sempre questo accade) ogni volta che hai la fortuna di trovarti  tra le mani uno di quei libri, uno di quelli  in cui ti immergi totalmente e da cui non vorresti più uscire, uno di quelli  che quando arriverai al punto finale terrai stretto a lungo fra le mani e magari  ne rileggerai le ultime righe  con un sorriso ebete sul volto  e con una strana sensazione di perdita perché sai che domani sarà davvero un altro giorno e un’altra storia e chissà quando riuscirai nuovamente ad innamorarti di altri personaggi, di altri libri, di altre vite che poi, diciamolo, non sono così altre come spesso si crede, perché quelle storie, lo sappiamo bene sono le nostre storie, le nostre umane storie di piccoli naviganti, a volte con la bussola ben salda in mano, spesso alla deriva.

sabato 4 gennaio 2014

un regalo inatteso

Capotreno. Questo da tanti anni è il mio mestiere.
Come spesso mi è capitato di raccontare, il mio è un lavoro  fatto di incontri; certo  alcuni, potendo scegliere, li  avrei evitati volentieri, ma poi per mia fortuna  ce ne sono gli altri  che non solo pareggiano i conti ma sono un vero balsamo per il vivere, un massaggio d’anima che ripara i torti e ti riconcilia con il mondo, con i tuoi simili. Piccole cose,  piccoli ma immensi istanti magici che danno una bella spinta al tuo incedere.
E quando capitano allora riesci a sopportare  gli orari irregolari, la clientela spesso insofferente, a volte a ragione a volte a torto, ma comunque difficile da gestire, la crisi diventata sempre più tangibile anche in quel microcosmo che è l’ambiente ferroviario, l’arroganza e l’ignoranza, ingredienti micidiali  che purtroppo caratterizzano sempre più questi nostri anni…

E così, una grigia mattina di gennaio alle 7  di ritorno da un servizio iniziato il giorno prima alle 11 e 50, infreddolito dall’umidità del mattino e dal sonno perché ho dormito poco e male, in quella pur confortevole stanza d’albergo, dove l’implacabile sveglia ha trillato alle 4 e 50, arriva “L’incontro” quello che non mi aspettavo: 
entro nell’ultima carrozza del treno, il riscaldamento è insufficiente ( nessuno osi far battute) perciò la carrozza è quasi deserta; quasi perché in piedi c’è una persona sulla settantina con in mano un foglio.
“signore, se vuole nella vettura accanto è più caldo e ci sono posti liberi” gli suggerisco
“ guardi non si preoccupi, sto bene e poi sa canto in un coro e devo esercitarmi, è qui non do fastidio a nessuno” mi risponde sorridendo e con uno spiccato accento bolognese
“ come vuole, certo qua non dovrebbe disturbarla nessuno…. ma cosa canta?” chiedo incuriosito
“ guardi” e mi mostra il foglio “ è una canzone irlandese dell’ottavo secolo, musica sacra, “scretta mélla e tréssent an fa” (scusate il mio pessimo dialetto) mille e trecento anni fa” si chiama: Be thou my vision, thou sta per you, così come queste altre” e mi mostra altre parole sottolineate di rosso “sono in irlandese antico”
Annuisco catturato dalla sua simpatia. 
Poi, all’improvviso mi guarda e dice sorridendo:
“ Stia lì e ascolti, gliene canto una strofa…se poi se ne va potrò sempre dire a me stesso che non lo ha fatto perché stonavo ma perché doveva tornare a lavorare” e senza altro indugio si posiziona, gambe leggermente divaricate e braccio teso davanti con in mano il foglio, e comincia ad intonare la canzone.
La voce è bella e intonata il ritmo c’è la mano che batte sulla coscia ne scandisce il tempo. Ad un certo punto quando la melodia pare mutare si interrompe e si scusa lievemente impacciato
“ guarda che roba, quando sono in gruppo nessun problema, invece davanti a lei mi ha fregato l’emozione”
Lo rassicuro
“guardi che ha cantato molto bene… tra l’altro la canzone mi pare di conoscerla, molto bella”
Mi allontano un attimo perché devo chiudere le porte  e controllare un paio di biglietti ma poi ritorno dal mio simpatico viaggiatore che si sta esercitando a bassa voce
“ ecco ora sono pronto, vorrei riuscire a farle ascoltare almeno la prima strofa per intero”
dice e dopo aver assunto la postura consona si mette nuovamente a cantare. 
Per non metterlo in imbarazzo guardo fuori dal finestrino e  ascolto
Questa volta tutto procede bene senza nessuna interruzione e nessuna incertezza.
Mi congratulo e mentre lo ringrazio per l’inaspettata esibizione canora lui, quasi a giustificarsi mi dice
“ sa per me questa musica, il verde dell’Irlanda - ci sono stato sa-  mi fa bene all’anima, è terapeutica” 
sento nella sua voce una lieve commozione
“ sa, non sempre le cose vanno nel verso giusto, a volte ci sono momenti difficili da superare allora canto e miracolosamente le tensioni si alleggeriscono….”

Stiamo arrivando in stazione a Rimini mi congedo augurandogli un buon anno e una buona esibizione e mi allontano con una probabile aria da beota sul volto.

E’ vero poi miracolosamente le tensioni si alleggeriscono