lunedì 28 dicembre 2009

Milk


Ieri ho visto un film: Milk
Milk è un cognome e non latte in inglese.
C' è comunque un parallelo tra la forza morale del protagonista (la storia è vera) e il colore bianco che spesso è sinonimo di puro, di candido.
Harvey Milk, durante l'ultima parte della sua vita non fa che combattere con tutte le sue forze contro l'oscurantismo (il nero) dei cattolici bigotti, a favore dei gay, degli anziani, dei disoccupati, dei disabili... insomma di tutte le minoranze che nell'America (punto di riferimento di tutto l'occidente, non dimentichiamolo mai) degli anni settanta venivano considerate delle non-persone, perseguitati e discriminati da chi, in difesa di presunti valori, in difesa di una ben precisa idea di famiglia, erano disposti a tutto pur di riuscire nel loro intento, umiliando, schiacciando e ghettizzando infine annientando chi non rientrava nei loro parametri;
I sani membri della società si erano costruiti una "dima" mentale con cui misurare gli individui e dare così la patente del buon essere umano, oppure scartare ed isolare chi veniva considerato impuro, perciò non degno.
Se mi azzardo a definire un atteggiamento del genere nazista, fascista, inquisitorio esagero forse?

Allora, come non definire candido, nel senso voltairiano del termine, chi si batte contro il fanatismo, contro l'integralismo religioso, quello nostrano (non sono ateo) contro il falso moralismo di una società ipocrita e bigotta offuscata dalla paura di quello che non conosce, di chi non conosce e proprio per questo, a causa delle sue folli convinzioni è pronta a qualsiasi nefandezza, trascurando completamente i precetti della propria religione e della propria costituzione, fondamenta di ogni stato.

Ora non è mia intenzione fare un'analisi critica di questo bel film di Gus Van Sant e della splendida interpretazione di Sean Penn ma ne parlo solo perché ho la sensazione che la storia si ripeta, con altre paure, con altri nemici a far compagnia a quelli di sempre (vedi la legge sui Dico, sulle staminali...) Ne parlo perché temo che, nella nostra contemporanea e civile società, dopo molti anni e molte lotte, i diritti civili siano veramente in serio pericolo, oggi come allora.
Come non percepire una possibile ri-nascita ( se mai, morte ci sia stata) di fenomeni che paiono essere intinti nell'inchiostro nero del razzismo, del disprezzo del diverso?!
Certo, non la pensano così la maggior parte dei sociologi dei salotti televisivi che non fanno altro che minimizzare questi fenomeni che, al contrario non andrebbero assolutamente trascurati ma - a mio avviso - prontamente e soprattutto sinceramente stigmatizzati per evitare di arrivare al punto di non ritorno senza essere più in grado di contenerne gli effetti devastanti.
Invece si continua ad ignorali o al massimo a trattarli con eccessiva disinvoltura, con il sorriso ebete di chi crede di saperla lunga "perché non si tratta proprio di razzismo ma di una punta, del tutto circoscritta, di intolleranza dovuta alla crisi economica, alla paura di perdere il posto di lavoro ecc. ecc. " (apro una parentesi: "ad una profonda ignoranza, aggiungo io, ma non l'ignoranza di chi non ha potuto studiare ma di quella ben più pericolosa che nasce dal fondo, che è come un diserbante che elimina tutti i valori civili e morali conquistati a fatica da chi ci ha preceduto, per poter uscire dalla barbarie, annullando così in un battito di ciglia quelle regole sociali di convivenza che generazioni di semi-analfabeti aveva cercato di trasmettere ai propri figli, per farli crescere nella non violenza e nel rispetto dell'altro, quella ignoranza culturale che nei miei genitori era vissuta - ingiustamente- come una mancanza, con il senso di una colpa che non avevano, mentre ora è vissuta, esattamente in maniera opposta, con una disinvoltura disarmante, quasi con vanto e viene esposta come fosse una medaglia, sul petto... questa sì che è stata una bella conquista egualitaria, altroché! Chiudo la parentesi)

Ecco perché ne parlo, perché non mi piace per niente l'aria che tira e perché vorrei che l'operato di un governo fosse giudicato non solo per la sua capacità di amministrare "il condominio" (tanto sono anni che siamo paralizzati perché non ci sono i soldi, che è sicuramente un valido motivo ma anche un alibi per chi non riesce o non vuole fare) ma anche del livello di civiltà raggiunto, del livello culturale raggiunto, del livello di benessere (ripeto non solo economico) raggiunto...
Ne scrivo perché da troppo tempo parliamo d'altro per non parlare di niente.
Le nostre difese immunitarie sono continuamente sotto assedio e non vorrei, che in assenza di anticorpi, prima o poi qualche virus ci mettesse sotto scacco.

p.s. Voltaire ha scritto: "mi batterò fino alla morte perché tu possa dire il contrario di quello che io penso"
Sono d'accordo con lui ma vorrei umilmente aggiungere: "che le tue parole non siano impregnate di razzismo e di disprezzo per l'altro, in quel caso non abbiamo niente da dirci perché la mia tolleranza non arriva a tanto

stefano


giovedì 17 dicembre 2009

inspirare, espirare, inspirare, espir...

non scrivo nulla ma sono vivo.
la prova che sono vivo è questa rabbia che provo,
questa stanchezza a volte disarmante che assomiglia ad impotenza
questa nausea che mi annoda lo stomaco,
questa malinconia per una società che vorrei diversa
questa tristezza per l'ignobile spettacolo che diamo di noi stessi
questa profonda amarezza rivolta a chi offende continuamente la mia, la nostra intelligenza
unito ad un lieve disprezzo per chi mente sapendo di mentire
sì, sono vivo ed incazzato
ma non odio, mi dispiace ma non ci riesco... ancora

lo so, è facile prendere questi stati d'animo e metterli tutti insieme in una bottiglia, scuotere un po'
e trasformarli in odio
ma l'odio è troppo importante e come l'amore
lo voglio riservare a chi se lo merita
perciò non bussate alla mia porta
non sono in casa
stefano





sabato 5 dicembre 2009

lunedì 23 novembre 2009

parole: le ultime e le prime

una delle ultime cose ascoltate ieri sera
prima di chiudere la trasmissione (report) la nostra cara milena gabanelli ha detto:
"Il potere come lo descrivi?
certo puoi darti tutte le regole che vuoi, ma è facile forzarle se non sono sostenute dalla consapevolezza di come si vuole organizzare la nostra vita civile;
12 anni fa, indro montanelli scriveva: Per cambiare una repubblica, non basta chiamarla seconda senza esporsi al pericolo che ci faccia rimpiangere la prima e non serve buttare fra i panni sporchi una classe politica corrotta se non c'è una lavanderia in grado di fornircene un'altra di bucato...
e la lavanderia dovremmo essere noi!?"

una delle prime cose ascoltate questa mattina accendendo la radio
" non temo berlusconi in se ma il berlusconi in me" (giorgio Gaber)

Non ho potuto fare a meno di collegare queste di parole immaginandole legate da un medesimo filo, come fossero promemoria per ricordarci - caso mai ce ne fossimo dimenticati - quanto le cose dipendono da noi, nel bene e nel male.
Non possiamo più soltanto delegare, proviamo una volta tanto ad assumerci le nostre responsabilità e se davvero non siamo più soddisfatti di "questo modello di società" proviamo a cambiarlo, senza grosse rivoluzioni, per carità ma modificando i nostri atteggiamenti, i nostri comportamenti, facendo scelte accurate, compiendo piccoli ma importanti gesti quotidiani, usando le parole in maniera semplice ma netta, non per convincere ad ogni costo gli altri della validità delle nostre opinioni ma per dire chiaramente come la pensiamo,sull'imbarbarimento del nostro paese, sull'ignoranza ( sapete cosa intendo) sempre più ostentata in ogni luogo, sull'immigrazione, sul razzismo (che c'è, altroché!), sulla democrazia (oramai diventata parola svuotata del suo contenuto), sulla libertà, sul popolo, seminando qua e là idee, dubbi e perché no, anche un po' di sana "zizzania"
... proviamo a metterci in gioco, sinceramente e magari anche onestamente, che non guasta
proviamoci...d'altra parte che altro possiamo fare?




stefano



giovedì 19 novembre 2009

soffiamo tutti insieme, magari la nebbia si dirada





In questi giorni mi sento un po'così
faccio fatica a mettere a fuoco le cose
a volte, lo ammetto, questo mi piace
non ho mai amato il troppo definito
ma ora vorrei un po' di chiarezza
qualche certezza in più
soffiamo tutti insieme, magari la nebbia si dirada.

magari un po' di buona musica
ci può aiutare
magari
quissas, quissas, quissas









mi sembra vada già un meglio, no?



giovedì 12 novembre 2009

Berlino

Berlino. Sono particolarmente legato a questa città che comincio a sentire sempre più mia anche perché ci è andato a vivere una persona a me molto vicina.
Così ho pensato di suggerire tre film molto diversi tra loro però tutti e tre ambientati in quella città che è diventata un crocevia multiculturale per eccellenza.
Naturalmente tutti e tre da vedere o da rivedere.

buon cinema a tutti
stefano


uno,due,tre, 1961 billy wilder
Il cielo sopra berlino, 1987 wim wenders
Le vite degli altri, 2006 Florian Henckel










venerdì 6 novembre 2009

mercoledì 4 novembre 2009

la disputa


Alé, ci risiamo!
Un'altra volta a dibattere sul "crocifisso sì, crocifisso no.
ma quante volte in un'esistenza ci toccherà affrontare questo tema così scottante che ci porta a discutere per giorni e giorni, ognuno con le sue tesi, con i suoi dubbi, con le proprie convinzioni senza venirne mai a capo.
Ora non è che io abbia la verità in tasca anzi rispetto a prima ho pure cambiato idea, non in maniera netta è chiaro ma se un tempo ritenevo più saggio aggiungere che togliere ora francamente questa soluzione mi sembra davvero improbabile e non fattibile; ma ve le immaginate le aule di un tribunale e quelle scolastiche con dietro alle scrivanie degli altarini multicolori, dei piccoli bazar con esposti immagini, statuette sacre raffiguranti ogni tipo di religione... ma non scherziamo per favore!
Ora qualcuno griderà: " ci vogliono togliere anche la nostra fede, le nostre tradizioni... tutta colpa dell'invasore, del barbaro, del tartaro"
Ma non è così, perché le prime volte che ci si è confrontava sull'argomento, gli "stranieri" nel nostro paese non erano un numero così significativo come in questo momento storico, era solo una disputa tra credenti e non credenti.
Ora invece è molto più importante visto che condividiamo l'Europa con tantissime altre persone dal diverso credo religioso dalle diverse culture perciò dobbiamo affrontare la questione con buonsenso e con il tatto necessario per individuare la soluzione che sicuramente per molti sarà non giusta ma che vada comunque nella direzione della convivenza.
Per quanto mi riguarda, non avrei nessuna difficoltà a studiare, a muovermi in ambienti con simboli di fede differenti dal mio ma siccome non siamo tutti uguali e con medesime sensibilità credo che quella proposta dell'Europa sia la scelta migliore.
E poi, siamo sinceri - mi rivolgo soprattutto ai credenti - pensate davvero che la fede di un individuo possa sgretolarsi per mancanza di simboli religiosi nei luoghi pubblici? se così fosse vorrebbe dire che questa fede è molto fragile e con ben misere fondamenta, non credete?
Non si possono trascorrere le giornate dimenticandosi il vangelo dentro il più nascosto dei cassetti per poi diventare improvvisamente il più fanatico dei difensori di un simbolo che quotidianamente tradiamo con il nostro comportamento.
Sia ben chiaro, non voglio con queste parole offendere nessuno (chi è senza peccato ...) ma è che vorrei ci fosse meno ipocrisia e maggior buonsenso attorno a me, in me e dico questo da laico e non da ateo (che non è la stessa cosa) dico questo perché sono stufo di sentire usare il nome di Cristo per combattere queste piccole inutili battaglie che, a mio avviso, non portano da nessuna parte se non ad acuire le differenze.
La Fede, in qualsiasi cosa, in un Dio, in una Causa, in un'Idea la si protegge, la divulga attraverso la pratica, con l'esempio e non con l'ostinata difesa di un simbolo, tra l'altro - ripeto - posto in luoghi pubblici che sono, per l'appunto di tutti e non solamente di alcuni. Non possiamo più far finta che gli altri non esistano anche perché a volte gli altri siamo noi.

p.s. Anni fa quando venne fuori nuovamente l'argomento mi venne il dubbio che nella classe di mio figlio, il crocifisso, non ci fosse...infatti non c'era ma nessuno se ne era accorto e aveva protestato, nessuno!

stefano

martedì 3 novembre 2009

George

Lo so, ultimamente sembro dare ragione al caro amico Francesco che mi considera una specie di “vecchio saggio della montagna”(sul vecchio non ha tutti i torti) che vede solamente il buono nelle persone affrontando la vita con una sorta di ingenuità “ ma purtroppo non è così. In realtà cerco solo di difendermi da tutta l’indifferenza, dal nichilismo oramai dilagante, dal fanatismo sempre più presente nel nostro vivere quotidiano raccontando piccole ma umane storie, edificanti e commoventi nella loro semplicità convinto che siano proprio i piccoli gesti che compiamo ogni giorno ad essere davvero importanti così come il cercare di mettere in pratica tutti i nostri buoni propositi che sappiamo così facilmente esprimere a parole.
E poi in questo momento non ho proprio voglia di parlare di corruttori, di ricattatori, di fascisti, di puttanieri, di servi senza dignità alcuna, di finti giornali e presunti giornalisti, di sanguisughe, di sfruttamento di ogni genere, di ignoranza, di fanatismo, di intolleranza, di omofobia, di condizionamenti, della crisi che non c’è più, dei disoccupati di oggi e di quelli che verranno, dei ragazzi che se ne vanno perché il loro talento non è richiesto, dell’influenza ABC…, del lodo ABC.. Sono stanco di parlare di chi non sa più indignarsi, di chi non sceglie per “stare tranquillo”, di chi esterna qualunque “stronzata” convinto che tutti la pensino come lui, di chi si volta dall'altra parte, di chi comincia le sue frasi con “io non sono razzista, non ho niente contro i gay, contro i negri, contro i mussulmani…” di chi con un preciso lavoro di cesello ha lentamente svuotato di significato parole come costituzione, politica, giustizia, bene comune, pubblico, solidarietà, di chi mette la testa ovunque pur di non vedere, di non sentire, di chi utilizza retoricamente parole come patria, bandiera, chiesa per giustificare ogni nefandezza compiuta in nome delle stesse, delle parole che cambiano solamente per mascherare, dell’ipocrisia… no , sinceramente mi sono rotto le palle di tutto questo, in questo momento voglio solo raccontare piccole storie come quello che ora scriverò, piccole ma non per questo di poco valore, anzi!


Alcuni giorni fa ho incontrato George un ragazzo nigeriano di 28 anni. Lui rientrava da una mattinata di lavoro - come al solito poco fruttuosa - ma non per questo aveva perso il suo abituale buonumore e la voglia di scambiare parole. Abbiamo parlato un bel po', lui dei suoi problemi, io dei miei che naturalmente sono di natura ben diversa. E' da molto che ci conosciamo ma nonostante la reciproca simpatia mai ci eravamo addentrati in chiacchiere così confidenziali. Mi ha raccontato del suo viaggio terribile verso l'Italia, quasi 6 anni fa "l'africa è lontana -sai- un altro mondo", del deserto disseminato di morti percorso il più delle volte a fari spenti per non farsi “beccare”, del passaggio in Libia " quel paese è molto particolare" (spesso utilizza questa espressione per evidenziare in modo gentile l'aspetto negativo di una situazione o di una persona) "sono dei veri fanatici, non puoi neanche guardare negli occhi una donna", della tremenda paura durante l'attraversata in mare, dei 500 euro spesi rispetto ai 10.000 che occorrono per avere tutti i permessi per un viaggio regolare… Niente di nuovo, certo, più o meno siamo tutti a conoscenza di queste cose ma vi assicuro che sentirle raccontare da chi le ha vissute sulla propria pelle mette davvero i brividi. Mentre lo ascoltavo non potevo fare a meno di pensare a quel giovane ragazzo poco più grande di mio figlio, alla sua sofferenza così spesso mascherata dietro a quel sorriso aperto con cui ti accoglie.
“che idea ti sei fatto degli Italiani?” gli ho chiesto a bruciapelo e lui con assoluta tranquillità " alcuni bravi e altri meno, questo è il mondo”... poi ha continuato “Andrea per esempio è una bravissima persona, lui mi ha pagato il biglietto aereo di a/r (850 euro!!!) che mi permetterà di ritornare nel mio paese dopo più di 5 anni” e poi, ma questa volta con nella sua voce un velo di tristezza da spezzare il più duro dei cuori “ Sai vorrei tornare nella mia terra perché lì non sarei più un emigrante, uno straniero, lì sarei a casa…”
Dopo qualche istante di silenzio, per consolarlo gli ho fatto notare che se nessuno lo avesse fatto sentire straniero, anche questa terra sarebbe stata la sua casa ma mentre tiravo fuori queste parole, chiamiamole pure ingenue, mi sono sentito pervadere da un leggero imbarazzo conscio della loro inadeguatezza, come se avessi detto una di quelle frasi “tanto per dire” che il buonsenso dovrebbe sempre impedire di formulare, ma il ragazzo africano con quel suo sorriso capace di sciogliere un ghiacciaio non ne ha approfittato e generosamente si è limitato a rispondermi: “E’ vero Stefano, hai proprio ragione” e si è fatto una risata.
La conversazione è proseguita ed ho risposto alle mille domande che quel curioso nigeriano infilava una dietro l’altra, sulla mia professione "sei stanco di fare questo lavoro o hai voglia di andare in pensione? sui miei figli “è già partito per Berlino tuo figlio, quanti anni ha il secondo?” sulla casa, sulla musica ... A proposito di musica, quando gli ho detto che ero particolarmente interessato a quella tradizionale africana senza esitare e con generoso trasporto mi ha subito promesso che al suo ritorno mi avrebbe portato un cd "anzi un dvd, così oltre ad ascoltare potrai anche vedere le nostre bellissime danze” …
Forse se ne dimenticherà ma non importa, quello che invece conta davvero è che questo giovane ragazzo dopo tanti anni potrà finalmente riabbracciare la sua terra, la sua famiglia " vedrai, faranno fatica a riconoscerti – gli ho detto- “chissà come sei cambiato da quando sei partito?!"
“e già, quando me ne sono andato ero un ragazzino, senza questa barbetta qua e poi mi sono irrobustito parecchio, nonostante i pochi soldi per il cibo, insomma ce l'ho fatta a crescere, a vivere, ad essere come sono, cazzo! Cazzo, l'ho aggiunto io (George non l'avrebbe mai detto) perché mentre mi diceva quelle parole ho sentito tutto l'orgoglio, tutta la forza di chi è stato all’inferno e ne è uscito indenne, di chi pur essendo consapevole che di difficoltà da superare ne ha ancora tante, sa di aver compiuto un' impresa titanica, quella del voler vivere… ad ogni costo
Ho sorriso ed ho abbassato gli occhi

p.s. finché ci saranno in giro persone come Andrea io mi sentirò tranquillo


stefano

giovedì 15 ottobre 2009

due cose

una cosa

Finalmente una buona notizia per i cinefili o semplici appassionati: ha riaperto il cinema settebello; meno male, l'avevo dato per perso!
Spero affianchi nella programmazione la cineteca così da poter offrirci un'ampia scelta di quei film che difficilmente vengono proiettati nelle multisala.

un'altra cosa

Una mia giovane collega (me l'ha data lei l'informazione sulla riapertura del cinema) si lamentava del fatto che buona parte del pubblico della cineteca - che lei frequenta abitualmente- è oramai composta da persone "con la puzza sotto il naso" rappresentanti della borghesia della città (a suo parere non la migliore) con la pessima abitudine di rumoreggiare per gran parte della proiezione... personalmente, almeno riguardo al rispetto durante la visione del film, ho sempre avuto la sensazione opposta, cioè che buona parte dei fruitori fossero lì con lo stesso obiettivo comune, quello di godersi un film in santa pace senza interruzioni, neanche quella fra i due tempi, senza attorno il fastidioso rumore di chi sgranocchia popcorn o patatine e credo ancora che sia così ma forse sul primo punto la ragazza non ha tutti i torti. Tra l'altro è la sua opinione perciò anche se non la si condivide e pur sempre un punto di vista più che legittimo.
Spesso a Rimini (ma forse anche altrove, non so) si tende a far diventare ogni luogo dove si mastica cultura una sorta di circolo, che tende alla lunga, se non proprio ad escludere certamente ad allontanare, ad intimidire chi vorrebbe avvicinarsene.
D'altra parte, sono sempre più convinto che i maggior nemici della cultura, coloro che pur lamentandosi, ne rendono difficile l'accesso, siano gli stessi addetti ai lavori ma ancor di più coloro che attorno a quel mondo, gravitano.
Lo so la mia è una vera fissazione, ma non si possono trascurare le sgradevoli sensazioni che giovani interessati alla vita culturale della città, provano ogni qualvolta si avvicinano a quel mondo "troppo sofisticato ed elitario ", non si può fare spallucce e poi meravigliarsi se poi questi ragazzi non ne vogliono far parte perché ne sentono la profonda distanza.

stefano



venerdì 9 ottobre 2009

Pensiero della sera

Oggi dopo il lavoro - quello ufficiale - ho tentato di restaurare un mio dipinto (durante lo spostamento qualche maldestro gli ha inferto - fortuitamente - una piccola ma non invisibile ferita) che verrà esposto assieme ad altri in occasione della festa del borgo s.andrea. Sono tele molto grandi ( chiamate porte) che alcuni artisti di rimini hanno prodotto alcuni anni fa da un'idea di Giovanni Tiboni. Poi verso le 16 e 30 sono andato al museo ad ascoltare una conferenza sulla scrittura autobiografica delle donne migranti. Devo dire che è stato emozionante ascoltare alcune letture di queste persone che hanno cercato attraverso la scrittura di recuperare radici credute perse, di riannodare il filo della memoria. Ma l'emozione forte l'ho provata nell'incontrare Milvia una cara amica scrittrice conosciuta grazie al blog e vi assicuro che si provano sensazioni davvero particolari quando si può finalmente abbracciare una persona - tra l'altro così vitale, così carica di energia (me la immaginavo proprio così) - con cui per tanto tempo hai scambiato parole, pensieri... Come ho già detto dopo l'incontro con Morena, questi momenti danno un senso davvero speciale a questo mio girovagare per il web, alla piacevole fatica di gestire un blog ed è proprio per questi bei momenti che penso continuerò a farlo.

buonanotte
stefano

sabato 3 ottobre 2009

"l'esagerato" - sull'informazione -

Noi frequentatori di questo "nuovo mondo" che è internet siamo oramai più che convinti che i "classici" mezzi di informazione, giornali, televisioni ecc.ecc. siano superati ma ci inganniamo perché sono ancora troppo pochi coloro che utilizzano la rete per seguire l'attualità; alcuni giorni fa , Ilvo Diamanti nel bel programma "le Storie" condotto da Corrado Augias, faceva notare che più del 70% delle persone si informava unicamente attraverso i telegiornali (il tg uno della rai e il tg5 di mediaset)
Ora è evidente che se gran parte dell'opinione pubblica si "forma" seguendo solamente due canali televisivi diventa molto facile per chi volesse condizionarla agire in tal senso: basterebbe evitare di parlare di alcuni scomodi argomenti o al limite trattarli solo parzialmente. Proprio per questo motivo occorre che le voci si moltiplichino, proprio per questa ragione è di fondamentale importanza avere più fonti possibili a cui abbeverarsi e, naturalmente, meglio ancora sarebbe se queste sorgenti di informazioni ci offrissero un pensiero non omologato ma al contrario molto diversificato così da permetterci di scegliere e di farci idee proprie. Qualcuno potrebbe obiettare che un fatto rimane un fatto e che non dovrebbe essere soggetto a interpretazioni, ma sappiamo tutti che non è così; sappiamo tutti che se un argomento non viene trattato dalla televisione pare non esista... a volte basta addirittura un tono di voce, una espressione del viso per cambiare il senso delle parole che vengono pronunciate, per sminuire o amplificare una notizia, un'inquadratura studiata ad arte ....
Oggi ci sarà una manifestazione a Roma a difesa della libertà di stampa; ora non mi voglio porre la questione se in Italia ci sia o meno questa libertà di opinione ( freedom house ci colloca tra i paesi " parzialmente liberi") ma vorrei solamente evidenziare che il tentare di impedire ad alcune trasmissioni di attualità di andare in onda o ad altre di satira di non fare il proprio "mestiere" solamente perché non gradite dal potere politico -visto che questi programmi vengono costantemente premiati dagli ascolti - si rischia di fare diventare certezza quello che finora era solo un sospetto.
Ora io non ho mai amato l'auditel ma visto che ad oggi rimane uno dei metri decisivi per stabilire la " bontà " di un programma vorrei ci fosse un minimo di coerenza soprattutto da parte di chi in questi anni ha creduto fortemente in questo modello televisivo, quello dei grandi ascolti - per intenderci - a prescindere dalla qualità del prodotto.
Per anni ho sentito ripetere la frase " premiato dal pubblico " e questo era sufficiente per continuare - fino alla nausea - a propinarci di tutto e di più, ed ora solo perché qualcuno storce il naso e vorrebbe stabilire per decreto ciò che è buono o cattivo, ciò che " la gente" vuole, si cambia improvvisamente direzione... e in nome di chi? degli italiani che pagano il canone? ma se una parte consistente apprezza quei programmi di che cosa stiamo parlando? a meno che per " italiani" non si intenda parlare solo di alcuni, magari di quelli che - a turno - la pensano come te.
In un paese serio e democratico si rispetta davvero il popolo dandogli, ripeto, la possibilità di scegliere e questo lo si fa aggiungendo e non cassando programmi, lo si fa permettendogli di assaporare più pietanze possibili e non solamente cibi precotti, lo si fa non decidendo per lui quello che è giusto o sbagliato, lo si fa rispettando il più possibile la sua intelligenza, lo si fa stando un po' più di lato.
Spero davvero che nulla di quello che molti temono accada perché a mio avviso sarebbe un precedente pericoloso che farebbe ulteriormente vacillare le fondamenta di questa nostra già malconcia democrazia perciò spero che la manifestazione di oggi riesca e a chi ritiene che sia una protesta esagerata ed ingiustificata rispondo che - come tutti ben sanno - è sempre meglio prevenire che dover poi curare... potrebbe essere troppo tardi

stefano

lunedì 21 settembre 2009

per carità, non chiamatelo razzismo!


ieri mattina mentre facevo la mia - oramai consueta camminata - vengo superato da un ragazzo africano in bicicletta; pochi istanti dopo incontro un paio di persone, una con il cane e l'altro intento a raccogliere foglie; passando ho colto queste parole:
uomo col cane "sono ignoranti come delle talpe, come delle talpe, sono proprio diversi ..."
l'altro "ha ragione, non se ne può più, bisogna che qualcuno faccia qualcosa, altrimenti... lo so io cosa ..."
non ho sentito altro perché l'uomo ha abbassato la voce bassa e io mi stavo oramai allontanando; spero chiaramente di aver frainteso, ma non so...

stefano




domenica 13 settembre 2009

scuola!



fra due giorni ricomincia la scuola.
sono particolarmente emozionato perché dovete sapere che questo, molto probabilmente sarà il mio ultimo anno... non fate quelle facce, ora vi spiego.
dovete saper che faccio il rappresentante di classe (a volte anche quello di circolo) dall'anno scolastico 1990/1991 e visto che luca sta per incominciare l'ultimo dei 5 anni del classico, è presumibile che dal prossimo sarò "disoccupato", dopo ben 19 anni.
è stata un bella esperienza -lo devo ammettere - e di cose da raccontare ne avrei tante. forse un giorno lo farò, se riuscirò a fare ordine nel turbinio dei miei pensieri (impresa sempre piuttosto complicata: odio il traffico ma se vi trovaste nella mia testa in certi momenti vi parrebbe di stare in strada, la sera nell'ora di punta quando c'è il ritorno a casa dopo una dura giornata di lavoro), perché credo che tutte le cose che si intraprendono con un minimo di coinvolgimento ti insegnano tanto, sugli uomini, sulla vita e sono perciò degne di essere condivise.... mah! vedremo.
sono comunque grato ai miei figli, per avermi data l'opportunità di vivere questa bella avventura al loro fianco, sperando - chiaramente - di non essere stato troppo invadente perché i veri protagonisti rimangono loro.

p.s. la scuola, la conoscenza è così importante per una società da meritarsi la nostra più totale considerazione. Ci sono tantissimi problemi - è vero - e i cambiamenti sono repentini e spesso difficili da gestire ma coloro che hanno scelto quella bellissima ma difficilissima professione che è l'insegnamento devono sempre aver presente quanto è grande la responsabilità che essi hanno, al di là delle riforme vere o false che i governi - ogni volta - si divertono a tirar fuori magicamente da cappelli oramai consunti e pieni di buchi.
buon lavoro!

stefano

domenica 6 settembre 2009

biciclette!


ieri sera ho rivisto con amici il bel film di mike leigh "happy go lucky"; all'inizio del lungometraggio alla protagonista rubano la bicicletta e lei come unica reazione, senza neanche prendersela troppo, dice:" nooo! non è possibile, non ci siamo neanche dette addio! bisogna proprio essere positivi per reagire così, non trovate?
Se ricordo bene, ogni volta che mi è successo una cosa del genere, dopo un primo istante di smarrimento, di stupore, facevo tremare le galassia con il lancio di alcune maledizioni che facevano apparire innocue persino quelle di alex drastico
Pensate che io stia esagerando? In fondo si tratta soltanto di una bici, che sarà mai?
Soltanto una bici, che sarà mai? ora ve lo spiego:

la mia famiglia composta da 4 persone ha sempre posseduto una sola automobile, l'ultima aveva compiuto 19 anni prima di essere stata rimpiazzata con una più giovane (che ci volete fare, succede, no!?) e nessun motorino, perciò capirete l'importanza che la bicicletta assume in tali circostanze,... beh, per farla breve vi faccio un elenco delle "ragazze a cui non ho potuto dire addio"; ad essere sincero alcune le abbiamo anche ritrovate ma in un tale stato che abbiamo preferito non chiedere alcunché su quello che avevano subito... sapete, solo il tempo può - a volte - se non cancellare del tutto almeno mitigare certi dolori!

La prima è stata una mountain bike di fabio, regalata dal nonno ceschi, rubata mentre dormiva, proprio nel ripostiglio sotto casa: era bellissima, semi artigianale, un pezzo unico... il dolore è stato immenso, non l'abbiamo più rivista. Poi c'è stata la "rossa", da corsa, che di cognome faceva bianchi... me l'aveva regalata alfonso. Nonostante fosse già avanti con gli anni con qualche ritocco e tanto affetto, faceva ancora la sua bella figura e chi la incontrava non perdeva l'occasione per " farle il filo"... no, no, so cosa pensate, non è stata una fuga d'amore, è stata rapita, ne sono sicuro, a casa non le mancava niente e poi dopo tutto quello che avevamo fatto per lei sarebbe stata davvero ingrata! Un giorno, in pieno centro, ad un amico è parso di riconoscerla "se non era lei le rassomigliava parecchio" mi disse. Dopo aver fermato e gentilmente aggredito il baldo giovane che le stava in sella, dovette rinunciare al recupero per mancanza di prove concrete, nonostante le vaghe risposte e l'atteggiamento sospetto dell'individuo.
Poi fu la volta della vecchia mounty che però in quella circostanza se la cavò, nonostante la feroce aggressione e qualche sevizia. L'ho trovata, un mattino dopo una notte di lavoro, ferita e dolorante accanto all'albero dove l'avevo assicurata, senza una ruota, con le forcelle infilate nel fango: tremo ancora ripensando alla paura e al dolore che avrà dovuto subire!
Per la povera "vecchia mounty" quella non era stata l'unica triste esperienza in cui era dovuta incorrere durante la sua lunga esistenza - la prima volta che l'ho vista, se ne stava malconcia e sola accanto ad un bidone dell'immondizia - ma purtroppo aveva dovuto subire diversi oltraggi prima di scomparire definitivamente, due anni fa: un giorno avevano forzato il lucchetto e dopo averla usata l'hanno riportata poco più in là dove l'avevo lasciata; un'altra volta l'ho trovata senza sella e vi assicuro che non è affatto piacevole pedalare per alcuni chilometri, dopo una giornata di lavoro, senza poter appoggiare i glutei sulla morbida poggia-chiappe che pochi giorni prima le avevo acquistato. Ricordo, durante il tragitto di essere quasi caduto, piombando rovinosamente sopra il cofano di un'auto della polizia che nonostante le mie scuse bofonchiate e uno ostentato sorriso, non parve gradire del tutto.
Ma la cosa più strana e assurda che le è capitata è stata rubarle i morsetti dei freni.
Piccola cosa, direte voi, di poco conto ma vi assicuro molto pericolosa... soprattutto per me.
Dopo alcuni chilometri pianeggianti, prima di giungere a casa c'era da fare una breve ma ripida salita e successivamente una bella discesa dove a metà dovevo svoltare a sinistra; naturalmente in quell'istante occorreva frenare energicamente per compiere l'operazione: vi lascio immaginare la sorpresa nell'accorgermi che la mia bicicletta era completamente sprovvista di freni... fortunatamente non c'era macchine così dopo una piccola e istintiva sterzata mi sono riportato in linea retta fino a giungere nella zona nuovamente piana e con i piedi frenare.
Non vi dico lo stupore!

Ci sono state quelle di cinzia: La prima, una "olandese" che faceva coppia con la mia da uomo, acquistata subito dopo il matrimonio, pesante ma molto elegante, rubata tanti anni fa in stazione, non ricordo i dettagli; la seconda è invece stata trafugata in pieno giorno, durante il pranzo, all'interno del complesso dove abitiamo ma ritrovata, miracolosamente, alcuni giorni dopo in uno stato pietoso, poco distante da casa mentre facevamo una passeggiata, accasciata e malconcia contro una siepe. Non abbiamo mai saputo cosa le fosse realmente accaduto e abbiamo preferito non fare troppe domande. L'abbiamo aggiustata, rimessa a nuovo ma ad essere sinceri, non è più stata quella di prima.
L'ultima è stato il mio più fedele destriero, la grigia martini; sportiva, lesta e robusta con cui avevo battuto ogni genere di strada e con qualsiasi tempo.
Aveva due ruote con raggi rinforzati che davano garanzie assolute; non c'erano, strade sconnesse marciapiedi che lei temesse... ah! se ci ripenso provo ancora un grande dispiacere nonostante siano passati diversi anni dalla sua scomparsa.
In quel periodo fabio se ne serviva per andare in stazione quando ancora frequentava il conservatorio a pesaro. Quel giorno l'aveva legata assieme a quella di alice, unite in un unico abbraccio. Al loro ritorno, alla rastrelliera restavano solamente i cavi d'acciaio tranciati di netto: un lavoro da professionisti! Lungo la strada verso casa decisero di deviare verso il grattacielo e di dare un'occhiata lì attorno con la speranza di ritrovarle, scelta parzialmente fortunata visto che almeno la bici di alice fu rinvenuta. Carichi di ottimismo per il successo ottenuto continuarono le ricerche allargando il raggio d'azione ma niente da fare, della vecchia "grigia" nessuna traccia, purtroppo!
Egoisticamente ho sempre pensato, non senza una punta di vergogna: ma perché non è successo il contrario, non potevano ritrovare la mia?
Ecco questo è tutto.
5 biciclette in tutto sono scomparse dalla mia vita, vi sembrano poche?

Mentre scrivo queste righe nonostante io abbia mascherato il mio dispiacere con qualche frase ironica devo ammettere che provo un filo di tristezza nel ricordare tutte questi velocipedi che ora non ci sono più, questi semplici oggetti che hanno scandito il nostro tempo, le stagioni della vita di questa nostra piccola comunità che è la nostra famiglia,
E' vero, forse esagero ma a volte semplici manufatti acquistano un valore che va ben oltre il loro essere solamente cose, un valore che noi diamo loro, è vero, ma non per questo meno importante, non credete?

stefano



sabato 29 agosto 2009

La finestra sul cortile/2


l'anno scorso avevo pubblicato un post dal titolo "la finestra sul cortile"... beh, ci sono alcuni aggiornamenti da fare. Dopo un anno di probabile palestra, il nostro uomo si esibisce con maggior frequenza - vista la merce da mostrare - con o senza partner, ma rispetto a prima ha aggiunto - durante le performance in coppia - anche il sonoro, che ad essere sinceri, mancava.
Veniamo informati così, caso mai fossimo distratti, dell'inizio delle riprese e devo ammettere che ora lo spettacolo è davvero soddisfacente.
Avevo sentito diversi modi di gemere (sì, lo ammetto la mia è una vera passione) dal ih,ih,ih, simil criceto al aaaaagh leggermente sussurrato, all'ansimare cavernoso dell'orso in letargo ma mai avevo sentito il lamento del lupo abbandonato: davvero straziante... Ho pensato più volte di correre in suo soccorso ma finora ho sempre desistito. Di solito lo spettacolo va in scena dalla mezzanotte alle due, di solito.
Questa mattina, alle 4,45 circa mi alzo per andare al lavoro, scendo le scale e vado in bagno. Accendo la luce e mentre cerco, non senza difficoltà, di riconoscere la maschera che mi fissa nello specchio, sento un lamento terrificante "che cazzo...?"
un brivido mi scorre lunga la spina dorsale madida di sudore "qualcuno sta male, che sia quel poveretto dell'angolo che pare sia depresso..." tendo l'orecchio e mi pare di sentire una sorta di singulto sommesso, poi silenzio.
Finisco di vestirmi e scendo le scale meditabondo (il termine forse è oramai desueto ma mi pare sia calzante per la circostanza) ma appena giungo nel cortile la matassa improvvisamente si dipana: tre finestre al secondo piano, di fronte alla mia palazzina, sono illuminate a giorno, nel buio di un'alba che - ora - tarda ad arrivare, e posso senza alcuna difficoltà scorgere il nostro "piedi a papera" che gironzola tranquillo da una stanza all'altra come mamma lo ha fatto (devo dire che lo ha fatto davvero strano) con una disinvoltura davvero invidiabile... sembra impossibile che fino a poco prima soffrisse così tanto.
Vado al lavorare sollevato

venerdì 21 agosto 2009

con gli occhi bassi

dall'altra stanza mi arriva l'annuncio dell'ennesima tragedia annunciata
non voglio ascoltare, non mi interessano i dettagli
non voglio ascoltare, ma non è indifferenza, anzi
è solo la paura di essermi assuefatto a questo genere di notizia...
altri 70 morti, di quelli senza un volto, senza occhi
di quelli di cui non vogliamo sapere niente
delle loro vite, dei loro sogni delle loro miserie...
altrimenti come faremmo a sopportare tutto questo
come faremmo a dimenticare in fretta
e a tornare - più o meno tranquilli - alle nostre piccole beghe quotidiane
se incontrassimo i loro sguardi carichi di speranza
se sentissimo palpitare i loro cuori con lo stesso ritmo dei nostri
se fossimo sfiorati dalle loro mani tese
oggi, altri 70 morti, poco più di qualche titolo di giornale
ma domani?
chissà se verrà un giorno in cui ci vergogneremo
del nostro silenzio, della nostra perduta indignazione
chissà se quel giorno qualcuno ci chiederà:
ma come potevate non sapere e soprattutto, come potevate tacere?
non credo, allora, che basterà dedicare una piazza, una via per alleggerire il nostro senso di colpa, il mio senso di colpa?

Questa mia impotenza mi fa paura

stefano



sabato 1 agosto 2009

le cose cambiano, gli uomini meno

Sul blog di Remo Bassini sta per giungere a conclusione un concorso a quattromani che quest'anno aveva per tema "l'Italia di oggi".
Certo l'argomento era davvero interessante perché i cambiamenti nel nostro paese, sono stati talmente tanti e così stimolanti da dare modo ad ogni attento osservatore, di cogliere, storie aneddoti, situazioni che avrebbero potuto dare un'idea chiara di come la nostra bella Italia si sia trasformata in questi ultimi anni.
Nel mio caso le cose da sviluppare erano talmente tante che non riuscivo a focalizzarne una per poi costruirvi sopra un racconto e così non ho partecipato "tradendo" così la mia cara amica Morena con cui avevo già piacevolmente collaborato in altre occasioni... ma d'altra parte se non si ha niente da dire, spesso è meglio tacere, no?
Ho fatto questa premessa perché vorrei raccontare un paio di episodi( veri) a mio parere, molto significativi riguardo alla trasformazione del nostro vivere quotidiano, anche se personalmente penso non si tratti di un vero cambiamento, ma solamente della fuoriuscita di "qualcosa" di latente che molti hanno finalmente deciso di liberare ( purtroppo), consci di quanto il momento sia propizio e che in fondo, per "dire quello che uno pensa" non occorra poi tanto coraggio, oggi, visto che si è in buona compagnia.


M. ritornava in Italia dopo un breve periodo trascorso all'estero con L. l'amico di sempre. Il ritorno per lui era sempre particolare perché mentre le partenze lo proiettavano verso qualcosa di stimolante, di rigenerante il ritorno lo riconsegnava a periodi spesso di monotona attesa e di continue e tristi conferme per chi come lui cercava di costruire le basi per un futuro apprezzabile; ogni volta sperava di trovare qualche cambiamento, naturalmente positivo, ma puntualmente veniva disilluso. Appena usciti dall'aeroporto i due si misero a cercare un mezzo per andare alla stazione e dopo alcune valutazione decisero per un taxi: 10 euro in due era un prezzo decente.
Mentre l'autista caricava i bagagli, L. da persona gentile quale era volle dargli una mano. Malauguratamente afferrò una delle valigie contemporaneamente all'energico tassista che in modo brusco se ne uscì: "ma lo capisci o no che se io tiro di qua e tu tiri dall'altra parte non si combina niente!?
A L.- forse colto alla sprovvista - non rimase che accennare uno stentato sorriso e senza dire nulla, salire sull'auto.
Ma fu durante il tragitto che il nostro amabile uomo decise di mostrare il meglio di se.
Come una mitraglia tirò fuori una serie di argomenti che ne delinearono ben presto la personalità. Cominciò ad inveire contro gli anziani "che per fortuna a quell'ora non erano in giro", nonostante lui dimostrasse una sessantina d'anni, "se ne devono stare nei loro circoli, negli orti oppure a fare qualche lavoretto del cazzo, vabbé che con tutti gli extracomunitari che ci sono in giro, che glieli fregano tutti - i lavori - e poi quelli mica pagano le tasse, mica come noi italiani... questi vengono qua e vogliono comandare, mica si adeguano, vogliono farle loro, le regole, e poi non si può più stare tranquilli che ci stuprano pure le donne (e già, quello deve essere innanzitutto un nostro diritto) meno male che c'è berlusconi che con bossi, le sistemano loro le cose... e via infilando uno dietro l'altro, tutti i luoghi comuni, come fossero perle di una saggezza lievemente insaporita da quel "sano razzismo" che più viene esternato più viene sottovalutato e tollerato dalla maggior parte dei nostri amabili concittadini.
Mentre L. cercava inutilmente di interloquire con il simpatico e gentile conducente, M. se ne stava girato di lato cercando di guardare - ma senza riuscirci - attraverso il finestrino dove scorrevano immagini cittadine. Il disagio era forte ma egli confidava sulla brevità del percorso. Purtroppo non abbastanza.
Sentiva la rabbia salire, non solo per quel che quell'idiota diceva ma perché si rendeva conto che mentre un tempo, prima di fare certe affermazioni, uno ci pensava due volte, per il timore del giudizio altrui, ora invece era sempre più diffuso questo esternare qualsiasi nefandezza, probabilmente perché buona parte delle persone lo facevano convinti di trovare assoluta complicità...
Ad un certo punto dopo l'ennesima esternazione non ce la fece più a rimanere impassibile e con voce calma ma inequivocabile disse: "ora basta, la prego di smetterla; sono appena ritornato e lei dopo dieci minuti è già riuscito a farmene pentire. Non ho nessuna voglia di ascoltare ne di rispondere ai suoi sproloqui razzisti di merda, d'accordo?"
"Tra l'altro cosa le ha fatto minimamente pensare che noi potessimo condividere queste sue farneticazioni, c'è forse qualcosa in noi che glielo ha fatto credere oppure è davvero certo che tutti oramai siano come lei, pensino come lei?"
Fortunatamente erano oramai giunti a destinazione; dopo tanto clamore, un silenzio irreale aveva creato una situazione davvero imbarazzante. Scesero rapidamente dall'auto e dopo aver pagato, presero le valigie. M. anticipò il tassista e agguantò la sua e guardandolo diritto in faccia aggiunse in modo più o meno ironico: "comunque la ringrazio per la lezione, d'ora in poi saprò come ci si comporta con una una valigia"
Entrarono in stazione.
In lontananza parve loro di udire alcune parole a loro indirizzate non proprio "carine" che finivano tutte in nisti, onzi, ulo , ma non ci fecero particolarmente caso.


la seconda storia è molto più breve:

Un tardo pomeriggio, dopo una bella nuotata e un poco di riposo in una delle poche zone libere della riviera, ce ne stavamo tornando a casa. Stiamo ancora armeggiando con i lucchetti delle nostre fedelissime bici quando veniamo attratti da una situazione alquanto particolare: un africano di mezza età con il suo bel abito tradizionale di colore azzurro sta correndo, svolazzando come fosse inseguito da qualcuno. Attraversa l'incrocio e sale sul marciapiede dalla parte opposta; improvvisamente si abbassa e si infila sotto il tavolo, tra le gambe di quattro turiste intente a sorseggiare un aperitivo; le donne dopo un primo momento di visibile stupore decidono di stare al gioco e fanno finta di niente, probabilmente perché hanno intuito quello che sta accadendo.
Di lì a poco si avvicina un'auto della polizia ad andatura molto bassa, come se stesse cercando qualcuno. Al tavolo le "straniere" continuano a chiacchierare come niente fosse, con le gambe così ravvicinate da formare uno steccato. Pochi istanti dopo non riscontrando niente di anomalo le forze dell'ordine riprendono la loro corsa.

Alcuni giorni fa su un giornale quotidiano, delle bagnanti esternavano tutto il loro disappunto per aver assistito ad una retata da parte delle forze di polizia nei confronti dei cosiddetti abusivi ; erano rimaste sconvolte dall'atteggiamento particolarmente aggressivo e si domandavano dove fosse finita la tolleranza, l'umanità.

Ora io non voglio assolutamente puntare il dito sulle forze di polizia che sicuramente devono eseguire delle direttive, ma mi chiedo, da cittadino, se siamo davvero convinti che questa caccia alle streghe, questo atteggiamento nei confronti di persone che per sopravvivere sono costretti a vendere le loro "cianfrusaglie" o a chiedere qualche spicciolo, risolverà i nostri problemi... non è ridicolo che in una città come la nostra dove è oramai palese che buona parte della ricchezza - di molti - è stata costruita eludendo e frodando il fisco, ci si accanisca contro dei poveri cristi come fossero l'emblema dell'illegalità.
Per favore siamo seri.


lunedì 20 luglio 2009

Un uomo, una matita, tre formiche una tartaruga e una lepre

Quanta ostinazione, quanta determinazione c'è in quella formica nel cercare una via di fuga, nel proseguire la sua corsa. Sadicamente cerco di impedirglielo ostacolandone il cammino con la mia matita e appena lei vi si arrampica, riporto il lapis nella parte opposta dove l'insetto laborioso e testardo - aggiungo io - stava andando, ma questo non la ferma di certo e perciò un istante dopo riprende nella medesima direzione imperterrita. Continuo nel mio perfido passatempo ancora alcune volte ma poi finalmente rinuncio. Sono certo che se avessi insistito ancora lei non si sarebbe arresa.
A volte ho la sensazione di essere così simile a lei in questo mio ostinato tentativo di voler scrivere, scrivere, scrivere qualsiasi cosa: racconti, riflessioni magari un giorno un libro, chissà! Il perché rimane per me un vero mistero.
Lei, la formica, probabilmente un sano e valido motivo ce l'avrà sicuramente per essere così caparbia, ma io, come la giustifico questa mia strana pulsione che pare essere a volte autentica follia? Onestamente, non ho la minima idea di cosa spinga uno come me, uno che non ne ha certo i requisiti fondamentali a continuare a salire e a scendere da quella "matita" che ogni volta intralcia il fluire del mio cammino costringendomi a sforzi innaturali.
"Ad ognuno il proprio mestiere" mi aveva detto una persona a cui avevo chiesto se la torta che stavo gustando l'avesse cucinata lei...
E già, io non sono uno scrittore, scrivere non è il mio "mestiere".
L'arte dello scrivere non mi appartiene, non possiedo il fuoco sacro; forse appena appena il flebile chiarore della lucciola che però necessita del buio più totale per essere visto.
Le parole sono lì, in un enorme cesto a mia disposizione, così come lo sono per chiunque altro, un enorme vocabolario a portata di mano, al mio servizio. Ma quando si tratta di pescare, di scegliere quelle giuste a me capitano solo quelle più banali, quelle più scontate... e pensare che a certi scrittori, pochi per la verità, basta mettere la mano nel sacco e tirane fuori dei vocaboli, dei concetti che ti lasciano a bocca spalancata e mentre sei lì con l'aria che ti solletica l'ugola pensi: "ma come è possibile questo miracolo?"

Se fossi furbo mi sarei già arreso da tempo, altro che ostinarsi ad andare contro natura, a far finta di non sapere che solamente nelle favole di Esopo o di La Fontaine la tartaruga giunge prima della lepre; nella realtà alla tartaruga non gliene importa niente di mettersi in competizione con quell'animale dalle lunghe orecchie, che corre zigzagando nei campi arati con la velocità della saetta, senza alcuna apparente fatica. La tartaruga si accontenta di qualche metro di verde dove potersi gustare delle deliziose e tenere foglie di tarassaco, sgranocchiando qualche lumaca e sorseggiando goccioline di fresca rugiada. Altro che mettersi a correre!
In natura per l'appunto, ognuno sa qual'è il proprio posto, il proprio "mestiere".
Ma d'altra parte, è anche vero che da molto, troppo tempo ormai l'uomo si disinteressa totalmente delle leggi naturali, anzi sembra quasi che si diverta a contrastarle, a manipolarle...

" Basta!" Con fare deciso mi alzo di scatto dalla sedia, mi infilo un paio di tennis e mi dirigo alla porta: "meglio far due passi"
Esco fuori, l'aria stuzzica le narici tanto è frizzante, respiro per immagazzinarne un po' e mi avvio, senza meta, così come piace a me.

La matita è rimasta sul tavolo. Ora le formiche che avanzano spedite sono tre, forse la stessa di prima con due compagne. Durante il tragitto si trovano nuovamente quel tronco a sbarrar loro la strada ma questa volta - probabilmente memore dell'esperienza precedente - la formica di testa cambia tattica e invece di arrampicarsi sull'ostacolo decide di aggirarlo seguendone il perimetro, compiendo così una piccola e insignificante deviazione che però non le ha certo impedito di continuare il viaggio verso un mondo, ancora tutto da esplorare.

stefano



domenica 28 giugno 2009

una giornata come tante

Oggi nel cielo c'è un filino di sole. Alcune nuvole sediziose si stanno radunando in un assemblea non del tutto legittimata - visto il periodo stagionale - ma per ora sembrano ancora poche per destare preoccupazione così - cinzia ed io - decidiamo di approfittarne per una breve passeggiata in direzione del bar dove seduti ad un tavolo sorseggeremo un buon caffè, fumeremo la prima sigaretta della giornata leggendo quotidiani ( troverò qualcosa che mi farà incazzare?)... la nostra buona dose di veleni giornalieri con l'aggiunta di una saccottino con crema e mele.
Bella la vita, eh?
Ma tanto lo so come va a finire, mi conosco oramai abbastanza bene per sapere che è proprio quando tutto sembra procedere sul giusto binario che certi pensieri mi si insinuano in quella massa aggrovigliata che è il mio cervello.
Infatti.

"cinzia ma ci pensi, giornate come queste, cariche di luce, con questa aria satura del profumo delle piante, c'erano anche quando - alcuni anni fa - uomini donne e bambini venivano prelevati dalle loro abitazioni per essere privati della "loro" libertà e della "loro" vita, quando zingari, omosessuali, ebrei venivano deportati nei campi di concentramento senza nessun motivo solo per odio razziale, spesso alla luce di questo splendido sole mentre gente come me, come te, sorseggiava caffè, chiacchierava, senza grossi problemi; persone comuni, con la pancia relativamente piena, non del tutte ignare di quello che stava accadendo loro attorno, persone sensibili che nonostante fossero coinvolte emotivamente non facevano nulla, per paura di perdere quel loro poco benessere, quella loro pseudo-libertà (come ci si può definire liberi in un mondo dove avvengono certe orribili cose) e si limitavano a provare un umano raccapriccio unito ad una celata partecipazione emotiva e nulla più..."

Cinzia mi guarda, condivide ma siccome mi conosce rimane in silenzio

"...non sta accadendo qualcosa di simile anche oggi? Cosa stiamo facendo di concreto, a parte emettere sordi lamenti (a cui nessuno presta più ascolto), per chi perde il posto di lavoro, per chi ci muore sul posto di lavoro perché qualcuno non rispetta le regole elementari di sicurezza, per chi è vittima di aggressioni a sfondo razziale, per chi muore mentre sta cercando disperatamente di migliorare la sua vita intraprendendo un viaggio che spesso conduce alla morte, e non solo per colpa di "eventi naturali sfavorevoli"; come mai la nostra indignazione si esaurisce in timide proteste spesso ipocrite e non capiamo che quello che riguarda gli altri riguarda tutti noi, come possiamo accettare di vivere in un mondo, egoista, cieco e indifferente limitandoci a prenderne atto e a farlo diventare solamente un misero ed eterno confronto dialettico come se l'unica cosa importante fosse dimostrare il proprio punto di vista. E' possibile che abbiamo perso tutti quanti gran parte della nostra umanità per paura di perdere quello che qualcuno ci ha spacciato per libertà, per progresso, per benessere!?
Su chi ricadranno le colpe delle conseguenze di questo stato di degrado socio- culturale che da tempo ci attanaglia, su chi le ha provocate o su chi non ha fatto nulla per contrastarle (e i cosiddetti intellettuali,dove sono, perché tacciono?), pur essendo consapevole di quello che stava avvenendo?"

Sopra di noi il cielo è terso, le nubi sono scomparse... chissà dove sono finite?

Buona domenica


p.s. queste domande le rivolgo soprattutto a me probabilmente per cercare di smuovere questo senso di impotenza che spesso mi opprime... forse cercare di cambiare il mondo può sembrare un poco presuntuoso ma non fare nulla per tentare neppure di migliorarlo di renderlo più vivibile, come lo si può definire?

pp.ss. due notizie - tra le altre - che mi hanno fatto incazzare le ho trovate in un giornale locale:
1) per la seconda volta hanno dato alle fiamme la giostra di una signora, sua unica fonte di sostentamento, perché?
2) una lettera provocatoria ironizzava sul fatto che i pacifisti non stanno facendo nulla riguardo a quello che sta accadendo in iran... " alle finestre vedo solamente gerani rossi" concludeva

stefano


giovedì 11 giugno 2009

ehi, c'è qualcuno?



se qualcuno di voi il 19 e il 20 giugno, per caso, si trovasse a passare da rimini mi farebbe davvero piacere incontrarlo presso la piccola ma gradevolissima galleria A di gianni scarpellini durante la breve esposizione che mi vedrà protagonista assieme a franco pozzi...così per una stretta di mano e un abbraccio

comunicato stampa:

Per due giorni, venerdì 19 e sabato 20 giugno, nello spazio espositivo A di Gianni Scarpellini, vicolo Pescheria 6 a Rimini, la mostra la notte, la polvere, il sonno vedrà dialogare due artisti riminesi, Stefano Mina e Franco Pozzi, con due cicli di lavori recenti.

Mina, che espone alcuni acrilici della serie inedita penombre, sembra chiedere allo spettatore di rallentare il proprio ritmo, permettersi una sosta sull’infinitesimale, sulle meraviglie del quotidiano. Da un’apparente pittura aniconica emergono elementi reali appena percepibili (una marina, una strada alberata nella nebbia, una selva in scorcio ravvicinatissimo) tutti giocati in un’atmosfera notturna, di sogno, quasi ‘belga’. Non a caso Mina medita da tempo sul lavoro di un grande ma poco conosciuto artista come il visionario Léon Spilliaert.

Pozzi ricompone in un’installazione pensata per il luogo alcuni ‘frames’ dal ciclo in girum imus nocte et consumimur igni, giriamo di notte e siamo consumati dal fuoco, una fitta trama di segni ottenuta per ‘sottrazione’ stingendo con la varechina la carta velina nera. Disegni palindromi (leggibili cioè in maniera speculare da sinistra a destra e viceversa) così come il titolo, omaggio a Guy Debord.
Egli con queste ‘tessiture’ dichiara riferimenti assai lontani nel tempo e nello spazio, dall’attrazione per la rappresentazione dell’universo peculiare dei tappeti orientali all’amore per le architetture di Gaudì e Borromini.

La mostra, che inaugura venerdì 19 alle 18, sabato 20 rimarrà aperta dalle 10 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 19,30. Per informazioni 339/8903981


stefano



venerdì 15 maggio 2009

boh!!!

Non sono scomparso. Sto solo riflettendo ( parola grossa) sul senso di molte cose - compreso fb e questo blog - ma non è detto che nonostante lo sforzo le nubi si diraderanno. Nel frattempo preferisco tacere per un po', così alla fine della veglia mi guarderò attorno e farò una botta di conti.


lunedì 4 maggio 2009

un trio più un ospite inatteso


Non voglio raccontare nulla del concerto di ieri sera; d'altra parte come si può "raccontare" la musica, descrivere sensazioni, trasmettere emozioni che solo standoci dentro -al suono - puoi veramente provare. Non voglio e non posso descrivere quello che tre musicisti - che non avevano mai suonato ne provato assieme - sono riusciti a fare in uno splendido tardo pomeriggio ad onferno, su un tappeto d'erba e come unica scenografia la folta chioma degli alberi che giganteggiavano loro attorno. Non voglio parlare di come gli strumenti siano partiti lentamente, sgocciolando piccole note che si rincorrevano timide, quasi a voler far conoscenza, per poi crescere sempre più fino ad abbracciarsi in un unisono vorticoso di musica che riempiva l'aria e il petto. No, non voglio far niente di tutto questo perché sarei sicuramente impreciso e ogni parola "suonerebbe" povera ed inutile.
Quali parole, poi, potrei trovare per descrivere quello che è accaduto verso la fine del concerto, quando Markus, abbandonato il suo fedele clarinetto, ha abbracciato il didgeridoo, strumento antico proveniente dall'Australia, dal suono profondo ed evocativo come pochi, Danilo sempre barricato dietro alla batteria ha agguantato un tamburo e Fabio, deposto il duduk ha ripreso in mano il flauto traverso e senza neppure uno sguardo hanno cominciato. Sono partiti per un altro viaggio musicale trasportando tutti noi con loro. Il suono ci avvolgeva tutti, ci abbracciava, ci riempiva e cresceva; quella mescolanza di suoni antichi e moderni fusi perfettamente tra loro ci proiettava in una dimensione sonora davvero struggente. Erano già trascorsi diversi minuti dall'inizio del brano quando improvvisamente gli alberi fino ad allora immobili hanno cominciato a muoversi tutto intorno a noi, il vento sembrava accrescere sempre più la sua forza e soffiava e sibilava sempre più intensamente; quella che pareva essere una semplice folata si rivelò tutt'altro. Sembrava che qualche spirito della foresta si fosse improvvisamente destato e avesse deciso di unirsi ai tre musicisti smuovendo l'aria con un'incredibile forza naturale avvolgendoli completamente con il suo magico strumento. Il trio diventato ora quartetto grazie a questa presenza del tutto inattesa continuava ancora in un crescendo continuo fino a quando, sia la musica che il vento hanno cominciato lentamente a perdere d'intensità fino a scomparire del tutto lasciando posto ad un silenzio palpabile e al nostro stupore, alla nostra incredula meraviglia.
Ecco ditemi voi, come potrei trovare parole adatte a raccontare un momento così intenso e sublime senza essere considerato un "partigiano" visionario ed emotivo?
No, mi dispiace non è per mancanza di coraggio e di generosità che non racconterò nulla, ma solamente per la mia totale incapacità a trovare vocaboli "giusti" per potervi trasmettere un solo briciolo di quell'emozione che ho provato ieri sera su quel tappeto d'erba, assieme a pochi altri, circondati da una sontuosa e magica scenografia naturale.

stefano

giovedì 30 aprile 2009

ATTENZIONE, POPOLAZIONE!!!

SABATO 2 MAGGIO ALLE 18.00 PRESSO LE GROTTE DI ONFERNO

2° concerto di primavera della rassegna musicale di onferno
un trio d'eccezione per un tardo pomeriggio musicale all'insegna dell'improvvisazione
con markus venninger al clarinetto soprano
danilo rinaldi alle percussioni e fabio mina ai flauti
p.s assolutamente da non perdere

sabato 18 aprile 2009

grazie Cristina, per l'ospitalità!

con grande piacere e gratitudine nei confronti dell'amica Cristina Bove vi comunico che se schiacciate QUI, oltre a catapultarvi nel bel sito della bravissima poetessa, potrete leggere una cosa che ho scritto recentemente e che spero vivamente possiate apprezzare
grazie
stefano

giovedì 16 aprile 2009

niente di nuovo nell'antica terra della libertà (non sto parlando di San Marino)

... ora, so che a molti Michele Santoro non piace, ma è questo un buon motivo per cercare continuamente di imbavagliarlo? Non piace sicuramente a chi è schierato a destra ma anche gran parte della sinistra difficilmente lo digerisce e già questo, a mio avviso, potrebbe essere una nota di merito e farebbe cadere l'accusa di faziosità che spesso gli viene lanciata (ricordo, tanti anni fa, le parole di un noto politico di sinistra: "questo Santoro ha oramai rotto i coglioni..." Questa è un'altra stranezza del nostro paese: che il giornalismo faccia le pulci alla politica mi sembra del normale ma che la politica si scagli continuamente contro il giornalismo (quello meno allineato, naturalmente) è veramente insolito, almeno in uno stato che si definisce democratico, non pensate? Fazioso a mio giudizio è colui che lo critica senza una ragione precisa, a volte senza avere addirittura visto le trasmissioni che conduce, cosa che deve essere accaduta anche riguardo all'ultima puntata, quella sul terremoto in Abruzzo. Il giornalista viene accusato di aver mancato di rispetto alle vittime di questa nostra tragedia, a chi si è prodigato per aiutare e in molti casi, salvare vite umane, ma chi ha visto il programma ben sa che queste accuse sono a dir poco pretestuose per no dire false. Santoro ha solamente fatto notare (lo dico in maniera spiccia) che pur apprezzando - giustamente- la tempestività dei soccorsi il problema era tutta nell'organizzazione di questi aiuti nella mancanza di coordinazione e di piani -preventivi- di evacuazione...
Quante volte ho sentito dire in questi giorni: "un terremoto è un terremoto, c'è ben poco da fare quando ci si trova davanti a catastrofi naturali di questa portata? ma è davvero così? In un paese come il nostro, ad alto rischio sismico, non sarebbe opportuno cercare il più possibile di prevenire queste situazioni, con tutti i mezzi, lasciando sempre meno campo al caso, all'improvvisazione?
Perché c'è sempre qualcuno che si incazza, con chi vuol far notare queste cose mettendo in risalto queste nostre palesi deficienze organizzative?(facendo proprio il suo mestiere di giornalista)
Che la verità faccia male è un dato di fatto ma spesso è necessaria per capire e migliorarsi.
Che Santoro sia simpatico o meno non credo sia così importante, l'importante è chiedersi se le questioni che solleva nelle sue trasmissioni siano utili o meno a mettere in risalto le anomalie di questo paese, se gli interrogativi che pone possano far si che domani certe speculazioni edilizie, certi abusi si verifichino il meno possibile, che i controlli da parte degli enti preposti avvengano sempre più, in maniera trasparente, facendo in modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità, che ogni forma di prevenzione venga attuata, che si prenda esempio da quei paesi che che da anni convivono con terremoti ben più potenti di quelli che si verificano nel nostro territorio, cogliendo ogni tipo di suggerimento, "copiando di sana pianta" magari.
Smettiamola una volta per tutte con le ipocrisie e con i falsi buonismi e guardiamo in faccia la realtà, apriamo gli occhi santoddio! Se facciamo sempre finta di niente e non impariamo ad indignarci per le cose che contano veramente finisce che prima o poi qualche "inevitabile disgrazia" capiti pure a noi e non solo a quelli che vediamo "commossi" alla televisione.

Non attacchiamo sempre coloro che ci instillano dubbi (non sono loro " i nemici") costringendoci a porci delle domande, che ci invitano alla riflessione, anche se lo fanno in maniera brutale e fastidiosa, anche se non sono politicamente corretti... sempre meglio di chi usa l'anestetico o il rincoglionimento globale, no?


p.s. oggi ho ascoltato alla radio una persona dire queste parole: "ho sentito che il vignettista Vauro è stato sospeso -lo trovo giusto - non si scherza con i morti"... "premetto che non guardo mai Anno Zero e non conosco il contenuto delle vignette del disegnatore satirico"
Ecco noi siamo così, parliamo, emettiamo sentenze, ci schieriamo, spesso senza conoscere i fatti ma solo per dar fiato alle trombe, per dire la nostra, per partito preso e forse per aver la sensazione di esistere, di far parte del circo... d'altra parte è quello che faccio anch'io, direte voi... probabilmente avete ragione, anche se la puntata di Anno zero, io, l'ho vista

c'è sempre quella luna lassù e quel cazzo di dito; decidiamo una buona volta cosa guardare perché se ci concentriamo troppo sul dito va a finire che la luna si stacca dal soffitto e ci casca sulla capoccia... secondo me un'aspirina non basta

ciao
stefano



giovedì 2 aprile 2009

mo ci facciamo il programma!

lo so che molti di voi non sanno più che pesci prendere (in questo caso l'inquinamento non c'entra), lo so che da troppo tempo non vi sentite rappresentati da nessun partito, lo so che siete demotivati assai e molto amareggiati (altro che il " pane e cicoria del buon Rutelli", quel sapore che avete in bocca è tipico del fiele) lo so che oramai i programmi elettorali per voi sono praticamente programmi-fotocopia (sono solo propagandati in maniera differente) lo so che il vostro marmoreo pessimismo potrebbe sgretolarsi al semplice apparire sulla scena politica di una specie di "obama" italico (se ci sei batti un colpo, cazzo!) nonostante siate certi (quanto siete negativi, cribbio!) che questo non accadrà mai, lo so.... ho capito, arrivo subito al dunque; ecco visto che niente più vi/ci soddisfa, visto che i nostri politici, da anni, sembrano piuttosto ciechi e sordi ai veri bisogni del popolo (almeno di quelli di una parte) ma fanno finta di sapere quello che la "gente" vuole (ahhh! come non li sopporto quando dicono: "gli italiani sanno quello che vogliono, gli italiani hanno deciso",la maggioranza degli italiani e - a turno - "noi confidiamo sul buonsenso, sull'intelligenza degli italiani" eccheppalle!),insomma visto che il tempo stringe e le cose non vanno proprio benissimo, mi è venuta in mente questa cosa: perché non ce lo facciamo noi, il programma? scriviamo quello che vogliamo cambiare in questo nostro paese, le nostre proposte, le nostre speranze, così per confrontarci, anche in modo ironico... magari viene fuori qualcosa di interessante da poter poi divulgare oppure cestinare, che ne dite?
dai, vediamo che tipo di paese ne viene fuori, magari non ce ne siamo accorti e abbiamo cambiato nazionalità.
comincio io.
Comincio con una questione dolente ma importantissima - mio avviso- per la crescita sociale di un paese: le tasse
Per essere più preciso: l'abbassamento delle tasse
la mia idea è questa: semplificare il più possibile il prelievo fiscale e abbassare l'aliquota massima al 30%, ma grande severità nei confronti degli evasori.
Dopo 6 mesi circa si cominciano i controlli in maniera capillare e chi viene colto in flagrante e giudicato colpevole di evasione fiscale o falso in bilancio verrà condannato ad una pena esemplare con tanto di esposizione al pubblico ludibrio, attraverso i media:
"è colpa di quest'uomo e di quelli della sua risma se non si possono avere ospedali, scuole, trasporti degni di un paese civile, chi non paga le tasse commette un crimine contro i propri concittadini simili"
troppo cattivo, troppo estremista? può darsi ma visto che stiamo giocando... (oppure no?)
ora tocca a voi, dateci dentro!

sabato 14 marzo 2009

nessun cappotto nuovo!


Mio nonno nell'inverno del 1947 si fece fare da una nota sartoria dell'epoca "Repubblica Italiana, abiti costituiti su misura", un cappotto di ottima fattura. Anni di lavoro, di sacrifici e di risparmi lentamente accumulati per un capo di abbigliamento che - così lo avevano rassicurato- sarebbe durato in eterno. Era certo che le parole dei vecchi maestri di cucito fossero un po' esagerate ma era anche convinto che l'affare ne era valso la pena. Quel cappotto avrebbe riscaldato e protetto il suo corpo e quelli delle generazioni future. La lana era di una qualità superiore ed il taglio classico non avrebbe temuto i cambiamenti legati a mode sempre più volubili.
E così è stato per 62 anni.

Oggi l'ho riportato dalla lavanderia pronto a riporlo nell'armadio, come ogni inizio primavera. Prima però lo ricopro attentamente con un involucro di nylon per proteggerlo dalla polvere e dalle tarme.
"ricordati di trattarlo bene, questo non è un semplice cappotto, va rispettato, protetto dalle calamità naturali e dagli uomini, come fosse la sindone... non hai idea di quanto sudore e quanta sofferenza siano serviti per realizzare questo capo, ci saranno persone che per semplice invidia o per spregio ti derideranno per spingerti a disfartene, con la scusa della sua linea oramai superata cercheranno di convincerti a cambiare modello a passare a qualcosa di più leggero, di più pratico... ma tu non ascoltare tutte quelle sirene dal sorriso di iena perché dietro alle loro parole ci sono soltanto menzogne, sanno benissimo che fino a quando tu porterai quel cappotto tu sarai al sicuro, al riparo e non solamente dalle intemperie..."
Ricordo ancora le parole che mio padre proferì quando me lo donò come se stesse per affidarmi la cosa più preziosa al mondo; certamente uguali a quelle pronunciate prima di lui da mio nonno e sicuramente le stesse che domani dirò a mio figlio proseguendo quel rito oramai consueto, atto più a tramandare memoria che un capo di abbigliamento.

Prima di riporre al sicuro quel vecchio ma ancora caldo cappotto lo appendo alla maniglia della finestra per osservarlo nella sua interezza. Sembra ancora intatto, quasi nuovo, la lana non è infeltrita e non dimostra assolutamente i suoi quasi 70 anni... certo potrei cambiare i bottoni, sistemare l'orlo leggermente scucito e magari sostituire la fodera interna, quello sì, ma per il resto mi sembra vada ancora bene, senza dubbio riuscirà a svolgere il suo compito con assoluta efficacia per molti anni ancora.
Mi affaccio alla finestra e vedo degli operai che stanno montando un'insegna a quel nuovo negozio che stanno per aprire proprio di fronte alla mia casa.
Dicono sia una nuova sartoria... strano di questi tempi - penso - gestita da certe persone del nord italia, Tura mi pare si chiamino.
Ecco ora la scritta è in bella mostra, caratteri cubitali rossi su sfondo nero:
leggo: DITTA TURA abiti e cappotti alla moda.


venerdì 13 marzo 2009

mercoledì 4 marzo 2009

realitaly sciov

Chi l'ha detto che la vita di un uomo non possa cambiare da così a così in un semplice battito di ciglia?
Prendiamo ad esempio Giovanni Pestalocchi detto il sega - il motivo di tale soprannome ve lo lascio immaginare, l'unico indizio che vi posso dare è che non faceva né il boscaiolo né il falegname - un uomo quasi invisibile, tanta era la poco considerazione che gli altri frequentatori del bar " piccola Italia " gli riservavano.
Se ne stava per la maggior parte del tempo seduto al bancone con un'inseparabile bottiglia di birra di pessima qualità, come unica compagna. Lo sguardo perso e la bocca leggermente spalancata sui denti ingialliti dal fumo, gli conferivano un aspetto del tutto sgradevole, e i suoi vestiti logori spesso impataccati, erano la ciliegina su una torta venuta davvero male. Passava gran parte delle sue giornate a bere ed a assecondare in discussioni completamente inutili e stupide, ora questo, ora quello -annuendo per lo più - con la speranza di accaparrarsi qualche briciola di attenzione dallo stronzo di turno, che a volte, forse per compassione, oppure semplicemente perché non sapeva come far notte, gli rivolgeva la parola: " allora sega, come va? guarda che pestoni hai sotto gli occhi, ci dai di mancina, eh? brutto porco!
"secondo me usa tutte e due le mani" faceva eco una voce in fondo al locale.
E giù risate.
Giovanni Pestalocchi fingeva indignazione alzando l'indice della mano sinistra in una direzione a caso, e fanculava tutti, ma era solo per far scena, perché era comunque grato di quell'attimo di considerazione, di quel istante di popolarità altrimenti così raro.
In quel bar gli avventori erano di varia estrazione sociale, operai, liberi professionisti e piccoli imprenditori locali; bevevano tranquillamente assieme senza alcun problema. Una volta varcata la porta del bar, i conflitti di classe scomparivano del tutto, dato che le cose che avevano in comune erano davvero tante: erano tutti tifosi della medesima squadra di calcio, maschiacci virili con un pizzico di misoginia, razzisti quanto basta e per non farsi mancare niente condivano il tutto con forti convinzioni fasciste. Brava gente insomma, camicie nere con cravatta verde... alla page. Sembravano l'immagine stereotipata di un modello ben delineato di pezzo di merda, ma purtroppo non erano frutto di fantasia, erano veri e indubbiamente contemporanei. Appartenevano a quella categoria di persone che per emergere nella vita non ha certo bisogno di studiare, di lavorare onestamente, di rispettare le regole... "quelle sono per gli idioti" dicevano. Era gente orgogliosa della propria ignoranza che si vantava continuamente di non aver mai letto neppure un libro "c'abbiamo mica tempo da perdere, noi, qua si produce, cazzo!" sostenevano a gran voce. Erano fermamente convinti che la grandezza di un uomo si misurasse soprattutto dai soldi che gli uscivano dalle tasche e dalle dimensioni della sua automobile; da adolescenti era la lunghezza del pene, motivo di prestigio, ora sostituita dalla cilindrata del fuoristrada, ambedue ritenuti comunque indispensabili per raggiungere lo stesso obiettivo. Oltre alle varie discussioni sul calcio, sulle due e quattro ruote, sulla pura razza italica in pericolo a causa delle sempre più probabili invasioni barbariche, a tener banco era soprattutto il ssèsssso, con 6 esse e l'accento sulla e.
Il vantarsi delle proprie conquiste femminili era ancora il motivo principale di ogni discussione. Naturalmente c'erano i guru del sesso, quelli che venivano considerati come dei veri e propri miti. Questi mica sparavano cazzate, tiravano fuori i telefoni cellulari e mostravano a tutti l'ultimo sms dell'amante di turno; il tono di tale missiva era piuttosto incandescente e non mancava mai di suscitare, bave e pruriti inguinali, ai maschietti in calore che gravitavano loro attorno come un'aureola di mosconi. Qualche malizioso avanzava il sospetto che erano loro stessi, ad inviarsi tramite un secondo telefono, questi lascivi messaggini, ma veniva prontamente azzittito con l'accusa di far esercizio di dietrologia ( non credo fossero proprio queste le parole esatte) o semplicemente di essere rosi dall'invidia. In realtà questi subumani profeti dell'eros, questi maestri dell'eloquenza amorosa erano dei veri mistificatori. Ogni frase che pronunciavano, ogni battuta utilizzata nella loro attività mandrillesca, non erano quasi mai frutto della loro creatività, del loro ingegno, ma venivano estrapolate da alcuni manuali, senza i quali non avrebbero saputo aprire bocca, neppure per chiedere "da accendere" alla più ingenua delle ragazze. Questi vademecum erano praticamente delle piccole garzantine molto utili per cavarsela in ogni situazione. Ecco alcuni titoli: "1000 frasi per ogni circostanza, 1000 sms d'amore per fare impazzire la tua donna, 100 modi per lasciare la tua amante e uscirne a testa alta, le 100 scuse più efficaci se vieni colto in flagrante da tua moglie" e così via.
Questi e altri ameni trastulli, erano il pane quotidiano nel caffè "piccola Italia" e coinvolgevano tutti, tranne il nostro Giovanni Pestalocchi, considerato poco più di un soprammobile. Ci si accorgeva della sua non-presenza solamente quando la noia soffocava e non c'erano alternative; allora via con qualche scappellotto e qualche battuta di dubbio gusto. Soltanto in quelle rare occasioni Giovanni diventava visibile e soprattutto aveva la sensazione di esistere.
Ma poi accadde...
Un tardo pomeriggio non diverso dal solito, entrò nel locale un ragazzo di carnagione scura, probabilmente un nord africano.
Chiese un bicchiere d'acqua e si sedette al banco proprio accanto a Giovanni ancora intento a riflettere - si fa per dire - sulle ultime prese per il culo da parte dei cari compagni; naturalmente tracannava la sua immancabile birra fon furst. Il ragazzo finito di bere si alzò di scatto e inavvertitamente urtò il gomito dell'uomo invisibile che per la prima volta nella sua vita ebbe una reazione del tutto inaspettata, per uno come lui considerato poco più di un'ameba. Ma come molti sanno, anche l'essere più mite può improvvisamente esplodere. Giovanni era stato urtato da qualcuno che nella scala gerarchica del bar, veniva considerato inferiore persino a lui; in quel microcosmo di intolleranza e di machismo solamente uno straniero, un "estracomunitario" - così lo chiamavano - poteva essere giudicato subalterno a uno come lui.
Come si era permesso quel "lurido clandestino" - così urlava - ad offenderlo in quel modo!
Naturalmente tutti si voltarono increduli, alle grida inferocite del nostro eroe che nel frattempo era sceso giù dallo sgabello e con estrema ferocia indicava con un gesto eloquente la porta a quel povero tunisino che invano cercava di scusarsi. Nell'impeto Giovanni inciampò, cosa che lo fece imbestialire ancora di più, così agguantò il ragazzo per un braccio e lo scaraventò fuori dal locale in malo modo.
Nel bar gli sguardi erano attoniti e regnava il silenzio.
Ma dopo qualche secondo quell'atmosfera surreale fu rotta da risa, urla di incitamento, pacche sulle spalle e parole, per le prima volta, non atte a deridere ma al contrario a testimoniare profonda stima e solidarietà.
Da quel giorno per Giovanni tutto cambiò.
Diventò parte di un qualcosa, di un mondo dove fino a poco prima gli era stato impedito di entrare.
La sua auto-stima crebbe, cominciò ad avere cura della sua persona e trovò addirittura lavoro nella fabbrichetta di uno degli avventori.
Oramai la svolta era avvenuta. Giovanni faceva parte del gruppo.
Ma la completa accettazione doveva ancora arrivare; giunse alcuni giorni dopo con l'esplicita richiesta del suo datore di lavoro di far parte di una di quelle " ronde" che da qualche mese operavano in città a difesa degli onesti cittadini, in ausilio alle forze dell'ordine sempre più mortificate, sempre meno in grado di garantire sia la forza che l'ordine.
Sempre meno capaci di garantire la sicurezza, "di proteggere le nostre donne, le nostre figlie da quei lerci individui che essendo di cultura diversa dalla nostra, sono delle vere bestie e non sanno cosa vuol dire rispettare le femmine " - così sbraitavano i degni rappresentanti di una società aperta ed emancipata quale è la nostra...
Giovanni non poteva credere alle proprie orecchie. La sua vita era davvero cambiata. Da parassita a membro - addirittura - di una ronda, a tutore della legge; non era incredibile tutto questo? Se di giorno, fra padrone e dipendente sussistevano ancora differenze gerarchiche, la sera si annullavano del tutto; con il loro giubbotti fluorescenti erano del tutto uguali senza alcuna distinzione di classe, camminavano sicuri e fieri uno a fianco all'altro.
Fino a quella notte.
Stavano rientrando dal loro giro, stanchi ma felici, anche un po'" bevuti" a dire il vero; Giovanni aveva comperato una bottiglia di rum e l'avevano divisa equamente, da buoni camerati.
Si stavano avvicinando a "vicolo degli inganni" quando all'improvviso si sentì un grido di donna piuttosto ben distinto.
Non doveva provenire da molto lontano perciò accelerarono il passo, girato l'angolo videro due figure: una più alta, probabilmente di un uomo e pochi metri più avanti una più bassa che correva e urlava come una pazza.
Intimarono all'uomo di fermarsi ma quello si limitò a girarsi.
Probabilmente spaventato dall'accorrere di quelle persone, decise malauguratamente di scappare ed inciampò nel marciapiede.
Successe tutto in un attimo.
La nostra ronda, armata di lunghe torce piombò sul malcapitato e intraviste le sembianze dell'individuo, barba lunga e scura tipica del nemico per eccellenza, non stette a fare ragionamenti astrusi e non si prese la briga di fare alcuna domanda a quella persona verosimilmente colpevole - perché chi scappa non può essere che colpevole -, si limitò a fare una semplice somma, uno più uno, e cominciò a sferrare colpi all'impazzata; Giovanni colpì l'uomo alla nuca, non con l'intento di uccidere, voleva soltanto fargli male, molto male, ma non avendo effettuato studi di anatomia non poteva sapere di aver colpito un punto vitale, quando vide il malcapitato accasciarsi al suolo.
Il presunto aggressore giaceva a terra, immobile con il volto schiacciato sul selciato.
Lo rigirarono bruscamente intimandogli di far vedere la sua brutta faccia ma non ebbero alcuna risposta... quello che invece videro fu il volto, illuminato dal lampione, di Paolino, un poveraccio innocuo che abitava nel quartiere, trasfigurato dalla paura e dalla morte che ora li trapassava con la fissità dello suo sguardo. Nella mano destra teneva ancora il guanto che aveva raccolto per strada e che voleva gentilmente riconsegnare alla donna che camminava frettolosamente perché spaventata sia dal suo incedere di vagabondo che da mesi di campagna mediatica incentrata sulla paura.
Si sentirono in lontananza le sirene della polizia. Giovanni era rimasto solo.
La torcia pendeva dalla sua mano come una protesi: all'estremità scendeva una piccola goccia di sangue.
I fumi dell'alcol erano del tutto svaniti ma questo non migliorava di certo la situazione.
" E' stato un errore" disse a bassa voce " un errore umano"

Chi l'ha detto che la vita di un uomo non possa cambiare da così a così in un batter d'occhio?
Prendiamo ad esempio Giovanni Pestalocchi.


stefano