mercoledì 27 gennaio 2010

Normalmente ho poca memoria

Quando si pensa all'olocausto ognuno di noi (occidentali) è convinto che nella storia degli uomini quel tremendo momento non possa più ripetersi perché siamo certi di possedere, oramai, gli anticorpi necessari affinché nessuno possa venire contaminato dal germe dell'antisemitismo e del razzismo. Ma siamo certi di essere fuori pericolo?
Ci sono molti segnali che possono far pensare il contrario.
Proprio questa mattina ho sentito alla radio una notizia che mi ha lasciato a dir poco di stucco. Era stata stampata su delle bustine di zucchero distribuite in alcuni bar del nord Italia, una barzelletta di chiaro stampo antisemita.
Qualcuno magari potrà pensare si tratti di una sciocchezza, di un gesto di cattivo gusto ma null'altro, che non bisogna esagerare, (operazione mediatica che viene fatta oramai abitualmente, anche quando ci troviamo davanti ad un caso esplicito di razzismo).
Certo non bisogna esagerare, è vero, ma vorrei ricordare a tutti che anche allora, prima delle leggi razziali, tutto era incominciato con sberleffi e barzellette e anche allora, a queste cose non si dava la giusta importanza e si evitava di stigmatizzare.
Proviamo a rileggere ogni tanto l'appendice a " se questo è un uomo" di Primo Levi, ci farà capire che spesso, prima che le cose accadano, nell'aria, di segnali ce ne sono... il problema è che a volte, questi segnali, non vengono colti proprio per un eccessiva leggerezza... oppure si tratta di puro calcolo.
Tutti gli animali fanno tesoro dell'esperienza, perché proprio noi, uomini, che ci consideriamo quelli dotati di maggior intelligenza non riusciamo ad imparare dal nostro passato?
Ieri è successo con gli ebrei, domani potrebbe accadere con chiunque altro possa venire additato come il colpevole, il capro espiatorio, del nostro fallimento economico e sociale, così da poter evitare di riconoscere che i veri colpevoli siamo noi tutti... e questo fa male ammetterlo, meglio trovare lo sfigato di turno, no?

Occorre dunque essere diffidenti con chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia con i capi carismatici; dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà...
... un nuovo fascismo, col suo strascico di intolleranza, di sopraffazione e di servitù, può nascere fuori dal nostro paese ed esservi importato, magari in punta di piedi e facendosi chiamare con altri nomi; oppure può scatenarsi dall'interno con una violenza tale da sbaragliare tutti i ripari. Allora i consigli di saggezza non servono più, e bisogna trovare la forza di resistere: anche in questo, la memoria di quanto è avvenuto nel cuore dell'Europa, e non molto tempo addietro, può essere di sotegno e di ammonim
ento.

Appendice a "Se questo è un uomo" Primo Levi

p.s vi invito a dare uno sguardo al Blog di Cristina Bove, a quello di Milvia Comastrie a quello di Morena Fanti

sabato 23 gennaio 2010

senza senso

Non saprei dire con esattezza da quanto tempo stessi camminando. Una, due o tre ore, poco importava visto che ero comunque esausto e l'unica cosa al mondo che in quello momento desideravo, era di fare al più presto una sosta; altrimenti, ne ero certo, l'impietosa palla di fuoco inchiodata sopra di me, avrebbe fatto evaporare anche l'ultima goccia di sudore che scendeva sapida sulle mie labbra, mutandomi in un limone disidratato. Avevo ancora un po' d'acqua nella borraccia, è vero, ma volevo resistere il più possibile dato che non avevo la minima idea di quanta strada dovessi ancora percorrere per giungere alla meta. Il problema, ora, era trovare un riparo ma le uniche cose che riuscivo a scorgere, attorno a me, erano polvere e sterpi, sterpi e polvere, nient'altro; polvere che si insinuava tra i denti nonostante la bocca serrata, ruvida e amara e sterpaglia talmente rinsecchita da ferirmi le caviglie, nonostante cercassi di evitare quegli infidi cespugli, con sempre meno agili balzelli. La fortuna mi venne in soccorso proprio quando, oramai prossimo alla disperazione, cominciavo a perdere il senso della realtà; girando attorno ad uno sperone di roccia vidi, ad una cinquantina di metri, un albero dalla larga chioma: probabilmente l'ultimo superstite in questa piana desolata. La sorpresa raddoppiò quando mi resi conto che nella proiezione della sua ombra, ad un paio di metri circa dal tronco stava seduto immobile un uomo nella posizione yoga del loto. Mi avvicinai lentamente per non interrompere quella che pareva essere una sorta di meditazione ma il rumore provocato dalla pressione del mio piede su di un ramo secco, fu il mio inopportuno biglietto da visita. L'uomo, comunque non si mosse. Bisogna ammettere che la scena era piuttosto buffa: io, in piedi senza neppure respirare, con una gamba tesa e l'altra piegata con il piede quasi sospeso, accanto a quello che avevo temuto essere un miraggio ma che invece era proprio quel miracolo della natura chiamato albero, e poco più in là con l'ombra di un ramo che gli fendeva il viso, questo strano e silenzioso individuo, talmente rigido nella sua postura da sembrare piantato nell'arida terra, quasi fosse lui stesso un arbusto del deserto. Dopo alcuni istanti che parvero eterni, ripresi a respirare e mi sedetti, molto cautamente, appoggiando la schiena indolenzita al robusto tronco di quella che riconobbi essere un'acacia tortilis, pianta tipica di quelle zone. Allungai le gambe e mi tolsi il cappello che usai come ventaglio per muovere un poco l'aria. Mi girai verso il mio compagno che ora aveva volto lo sguardo nella mia direzione. Accennai un sorriso e come gesto di saluto piegai leggermente il capo. Anche lui, almeno così mi parve, mosse la testa in segno di risposta e questo mi incoraggiò a tentare un approccio più deciso, così da rompere l'atmosfera di quella strana situazione "Le dispiace se mi fermo un po' a riposare all'ombra anch'io?" che stupida e retorica domanda, ma continuai "anche lei si è perso in questo dannato deserto, stavo andando a... ? L'uomo non rispose, pareva ignorarmi del tutto e per dimostrarmelo in modo inconfutabile rigirò nuovamente la testa ritrovando, probabilmente, il punto imprecisato nell'orizzonte che aveva lasciato al mio arrivo.
Scrollai le spalle e lo mandai mentalmente "a quel paese", misi il cappello sugli occhi e incrociai le braccia cercando di assopirmi; ma nonostante la grande stanchezza, avevo difficoltà ad addormentarmi. La presenza dell'uomo mi infastidiva... no, non era proprio un vero fastidio ma c'era qualcosa in quella strana situazione che mi turbava, impedendomi così di rilassarmi come le mie membra indolenzite avrebbero desiderato.
Se non fosse stata per la leggera brezza che ora muoveva l'aria e l'erba, l'unico suono che percepivo era quello provocato dal battito del mio cuore.
Istintivamente portai le mani sul petto, come per attenuarne il rimbombo.
Ma la stanchezza era davvero tanta. Il tempo passò incalcolabile. Lentamente la tensione diminuì lasciando posto ad una ritrovata tranquillità che lentamente mi accompagnò tra le braccia del dio del sonno.
"comunque non mi sto riposando e non mi sono perso"
La voce arrivò asciutta e tagliente come una stilettata che mi fece sobbalzare, facendomi istantaneamente uscire da quel torpore che con tanta difficoltà avevo cercato di raggiungere.
Mi schiarii la gola fingendo una prontezza ed una disinvoltura del tutto non credibile e risposi:
"Ah! certo, sì...sa, pensavo che... " non sapevo che dire, non riuscivo a capire il perché di quella affermazione, perciò timidamente gli domandai
" Ma allora, come mai se ne sta qua seduto, immobile... sta forse aspettando qualcuno, sta meditando, sta..."
"ecco, proprio così, sto aspettando qualcuno"
Disse questo girandosi completamente verso di me, sgranando gli occhi scuri con un'espressione alquanto buffa, come quella di chi sta per dire qualcosa di poco intelligente ma è fermamente convinto del contrario.
Cambiai posizione, pronto ad ascoltare.
"Conosce la storia del fiume, del cadavere... del nemico?"
"sì, certo dovrebbe essere un vecchio detto cinese, ma.."
"ecco, quello aspetto, il cadavere del mio nemico, prima o poi..."
Ora il torpore era totalmente svanito lasciando posto ad una strana inquietudine; mi guardai attorno come per cercare una conferma di quello che stavo per dire e balbettai una domanda che ora riconosco del tutto assurda ma che mi parve allora in linea con la situazione
" Ma santo, cielo! non vede che qua non c'è nessun fiume? siamo in una zona del tutto desertica, come..."
Non riuscii a completare la frase
" Ah cazzo, è vero!"
Lo strano individuo si alzò in piedi con uno scatto del tutto inaspettato, si piegò sulle ginocchia un paio di volte, si spolverò i pantaloni e se ne andò senza degnarmi ne di una parola ne di uno sguardo.
Lo guardai allontanarsi, fino a che non si perse sulla linea dell'orizzonte mutando in una sorta di illusione ottica.
La polvere mi si insinuava tra i denti nonostante la bocca serrata, ruvida e amara.

venerdì 1 gennaio 2010

Impronte

dall'ultimo libro del mio amico Vincenzo Giorgetti


Impronte

L'esistenza
ingerisce giorni,
ingoia anni,
inghiotte stagioni,
uguali
e il vento muove le foglie
e l'azzurro tinge il cielo
e il sole accarezza il viso
stanco, assonnato...
Questa esistenza
come il mare grigio
trascina ogni cosa
inonda ogni lembo,
sommerge ogni fessura,
ma non cancella le impronte
di quest'anima.

Vincenzo Giorgetti