giovedì 31 maggio 2012

Il paese è piccolo e la gente mormora

Se non si ha niente da dire si può sempre tacere. Oppure stare un po' di lato e occuparsi di qualcosa di più leggero, così "pour parler". Alcuni giorni fa ho letto un'intervista a Carlo Verdone (grande umorista) sul film di Woody Allen "To Rome with love" che ha scatenato una serie di esternazioni da parte di alcuni "addetti ai lavori" che mi ha davvero sorpreso. Ora nonostante io sia assolutamente parziale dato che adoro il cinema di Allen temo che questa volta il film non sia davvero un granché, forse condizionato da quei pochi spezzoni che ho potuto vedere in tv che hanno evidenziato una volta ancora tutti i limiti degli attori (si fa per dire) nostrani impiegati in ruoli di contorno. Ma a parte questo non capisco davvero il senso delle parole di Verdone (e di molti altri). Stiamo parlando Di Allen non di Ken Loach (che amo moltissimo). Non credo che Woody volesse mostrare la Roma com'è ma solamente quella dei suoi sogni, del suo immaginario o c'è qualcuno che pensa che la New York che spesso è rappresentata nei suoi film sia quella reale? Ma dai! Tra l'altro mi pare lo abbia dichiarato lui stesso. Leggendo le parole di questi giorni ho il sospetto che molti le lancino nell' etere con uno scopo preciso che però ammetto ingenuamente di non conoscere, altrimenti non mi spiego il perché di tutto questo fiato sprecato da parte di un mondo, quello cinematografico italico, che dovrebbe riflettere molto di più su se stesso e sul pubblico che si è costruito piuttosto che andare a puntare l'indice accusatore contro uno dei più grandi registi ( e che dire delle sceneggiature) dei nostri tempi, che da anni ci regala, se non capolavori (più di un paio sicuri) certamente immemorabili gioiellini. Certo anche i grandi possono sbagliare e le critiche sono sacrosante ma ci deve essere sempre buonafede e onestà in chi le solleva altrimenti tutto diventa inutile chiacchiericcio, lievemente rancoroso; cattiva abitudine di chi spesso è morso dall'invidia, pessima e ingiustificata abitudine di chi per giustificare la propria mediocrità se ne sta in trepida attesa di un eventuale passo falso di chi spesso è per loro irraggiungibile. p.s.Woody Allen (come Del Piero Alessandro) è uno di quelli che da anni viene considerato quasi con piacere, finito, "non più quello di una volta" (e già, è incredibile ma si cambia!) nonostante sia davvero difficile trovare suoi film (almeno uno all'anno)) che non giustifichino almeno il prezzo del biglietto e questo non credo si possa dire per molti altri suoi colleghi che film come Zelig, Io e Annie, Manhattan, match point, ombre e nebbia, ecc. ecc. se li possono solamente sognare, purtroppo per noi. stefano

mercoledì 16 maggio 2012

la qualità è oggettiva il gusto è soggettivo

A volte ci si chiede come possano avvenire i cambiamenti culturali di un paese. Lo si può fare ribaltando la prospettiva delle cose con l'uso distorto delle parole e soprattutto legittimando la mediocrità portandola addirittura al potere, politico, sociale e culturale. In questi anni molti si sono mossi in questa direzione accusando chiunque evidenziasse il degrado del nostro cinema, della nostra musica, della nostra politica ecc.ecc. di snobismo e di conseguenza di guardare i propri simili dall'alto in basso mentre a mio avviso la mancanza di rispetto è soprattutto di chi attraverso un populismo becero ha preferito "nutrire" i propri concittadini rifilandogli cibi precotti, magari saporiti ma sicuramente di scarsa qualità che si sa alla lunga creano non pochi danni. Il risultato è che viviamo in un paese dove vengono prodotti e divulgati in prevalenza "lavori" di scarsa qualità e la cosa peggiore è che nessuno tra gli addetti ai lavori ha il coraggio di ammetterlo fino in fondo. Si preferisce assecondare il pensiero cosiddetto comune, non della maggior parte delle persone ma della maggioranza dei consumatori, quello sì, accusando chiunque si metta di traverso e si indigni di essere il solito intellettuale sulla torre d'avorio. Spesso capita anche me di essere accusato di aver gusti troppo "elitari"(amo Tarkowskij ma mi entusiasmo anche con Batman begins),e di non rispettare quelli "più semplici" ma altrettanto legittimi degli altri. Questo è davvero grottesco. Possibile che nessuno si renda conto che in Italia da anni si persegua oramai solo la quantità e non la qualità e che senza quest'ultima è davvero difficile crescere. E' possibile che ancora non si capisca quanto sia bello imparare, stupirsi, diramare le matasse, percorrere sentieri poco battuti. Ma cosa c'è di presuntuoso nel denunciare la mediocrità che frena quel naturale movimento che dovrebbe appartenere a tutti gli esseri umani. La democrazia si compie quando chi sa, chi conosce, chi scopre, condivide queste sue conoscenze con i propri simili e non offrendo loro solamente quello che già conoscono, perché se è vero che questo non creerà frustrazioni interromperà sicuramente quel cammino di cui parlavo prima. Mi fa piacere, di conseguenza, che qualcuno, molto più autorevole di me, condivida queste mie riflessioni come Mauro Gervasini, critico di Film TV con il suo pezzo "L'alibi dei mediocri" che a sua volta cita quello apparso sul Corriere Della Sera, scritto da Paolo Mereghetti dal titolo "nuovo cinema populista" Gli articoli in questione si occupano soprattutto di cinema ma a mio parere sono trasversali e aiutano a mio parere a comprendere lo stato delle cose. Vorrei completare questo mio post con alcune parole estrapolate da una intervista rilasciata dall'attrice statunitense Susan Sarandon a Alias, l'inserto culturale del Manifesto: "Guardi, credo credo che i film abbiano sempre un impatto profonda sulla cultura. E di solito è proprio questo il problema, il problema è che i cosiddetti film apolitici in realtà promuovono implicitamente lo status quo e quindi indirettamente avvallano anche il razzismo, il sessismo e la discriminazione ma nessuno li identifica come "politici". Appena però un film critica il sistema allora diventa un film politico e quindi veleno al botteghino."

mercoledì 2 maggio 2012

il sapore delle albicocche non è più quello di una volta

Qualsiasi commento al concerto di ieri mi pare superfluo...d'altra parte se questo è quello che passa il convento c'è poco da dire se non che io invecchio e il concerto del 1° maggio pure. Una piccola differenza c'è però :invecchiando divento sempre più esigente mentre mi pare che gli organizzatori (e non solo) del concerto lo siano sempre meno. Ma le avete sentite le cover? assolutamente prive di personalità a parte Elisa e Noemi... almeno sanno cantare, cacchio! p.s. sentita la ragazzina...prometteva bene

martedì 1 maggio 2012

primo maggio duemila e dodici

A volte non scrivi perché non sai cosa scrivere a volte non scrivi perché avresti troppo da dire ma non hai la forza e la voglia di metterti alla tastiera e di premere i tasti. Migliaia sono le parole che frullano impazzite nella mia testa, come palle magiche, e da tempo non riesco più a fermarle; allora preferisco lasciarle rimbalzare e aspettare con pazienza che si plachino da sole e si adagino lentamente sul piano della mente . Poi, quando e se, questo accadrà non dovrò fare altro che raccoglierle una a una e con la tenacia del tessitore di puzzle allinearle sul bianco della pagina cercando di dare un senso al mio scrivere... Per il momento aspetto e non so dire quando e se le cose cambieranno perché sento di aver perso gran parte della fiducia che riponevo nelle parole, nella loro bellezza, nella loro forza, nella loro onestà, perché questi tempi di lingue triforcute mi hanno fiaccato e troppo spesso ho udito quelle parole sgorgare da bocche false e indegne, da uomini nefasti e insaziabili che per proprio interesse hanno usurpato gran parte della bellezza del mondo calpestando la natura e umiliando i propri simili e il loro lavoro. Per il momento aspetterò e camminerò finché le ossa mi reggeranno finché i muscoli si manterranno tonici quel minimo necessario, camminerò con entusiasmo e con gli occhi ben spalancati per non perdere nulla o quasi nulla...