Non
vi preoccupate, qui di lumache e del loro destino si parlerà davvero, nulla a
che vedere con l'eleganza del riccio, del giorno della locusta o dei tre giorni
del condor dove il riferimento con l'animale è per lo più un pretesto per
scrivere un racconto metaforico. La chiocciola è quel piccolo animaletto
viscido che normalmente suscita in noi reazioni contrastanti, di repellenza se
si pensa alla sua vischiosità ma anche di profonda simpatia per quella sua
timidezza, quel suo ritrarre le corna, per la sua proverbiale lentezza e quel
suo portarsi appresso la casa sulle spalle; chi da bambino non ha mai disegnato
una lumaca? Ma ora basta con le digressioni e veniamo al dunque.
Stavo
facendo la mia solita camminata lungo il percorso naturalistico che costeggia
sinuosamente il fiume Marecchia con passo spedito. Era mattina presto e l'aria
fresca e umida pungeva le narici. Dopo trenta minuti buoni non avevo ancora
incontrato nessuno quando a un certo punto vedo una lumaca intenta ad attraversare
il sentiero. La guardo e mentre allungo il passo per non calpestarla, mi
domando se non fosse stato il caso di aiutarla nel suo intento, conscio che di
lì a poco, orde di biciclisti, come li chiama mio padre, sarebbero transitati,
e allora per lei il rischio da correre sarebbe stato davvero grosso. Ma poi
rifletto: chi sono io per decidere della sua sorte, non sono mica il Dio delle
lumache e poi chi mi dice che una volta trasportata dall'altra parte, magari
quella sbagliata, lei non faccia dietro- front; allora nulla sarebbe valso
essermi costituito da uomo del destino e poi oramai sono lontano e non ho
alcuna intenzione di ritornare indietro. Dopo qualche minuto ne incontro
un'altra. Stesso comportamento. Vera coerenza. Passa il tempo ma nonostante
cerchi di essere indifferente, neppure la bellezza della natura riesce
completamente a distrarmi. Ogni tanto la mente ritorna a quelle due creature
che ho lasciato in balia del loro destino e nonostante cerchi di giustificare
la mia scelta, devo ammettere di sentirmi un po' strano. Ancora qualche passo e
ne scorgo una enorme ma è solo un guscio vuoto. Meno male! Dopo circa trenta
minuti raggiungo il cavalcavia dell'autostrada perciò decido di tornare
indietro. E' vero, sono leggermente in ansia e dico a me stesso che se al
ritorno trovo ancora le mie due amiche, le sposto nell'erba. Fanculo! .
Accelero il passo perché sono quasi le nove e anche se è una domenica mattina
di novembre, ho già incontrato i primi ciclisti isolati e il tempo stringe. E'
davvero difficile che decine di ruote cingolate lascino un cm di spazio libero
sulla strada bianca. Eccoli accidenti! Con i loro costumi attillati, i loro copricapo
e le loro mountain bike ultraleggere, con quel battistrada da trattore, fanno
davvero impressione. Li immagino davanti allo specchio mentre indossano fieri
la loro divisa pronti alla missione. Più che sportivi mi sembrano un esercito
di super eroi da fumetti. Sono certo che se mi girassi mentre sfrecciano al mio
fianco, li vedrei alzarsi in volo. Devo essere sincero in branco un poco mi
irritano. Forse esagero ma spesso colgo, nel loro incedere, una punta di
arroganza, quasi una mancanza di rispetto nei confronti dei poveri camminatori
che non possono fare altro che scansarsi velocemente al loro sopraggiungere, e
dell'ambiente che li circonda. Chi cammina in quella strada ghiaiosa sente
solamente il rumore dei propri passi così come chi pedala in solitaria, il
lieve scricchiolio della ghiaia sotto ruote. La natura con i suoi suoni non ne viene
disturbata più di tanto.
Mi
scanso leggermente di lato, uno di loro, probabilmente il capo muta, grida un
“bravo” perché con il mio movimento, a suo giudizio corretto, non l'ho
costretto a frenare. Bravo un cazzo, stronzo! Penso. Non è certo il caso di
mettersi a litigare con trenta Nembo Kid. E poi ho fretta e sono preoccupato
per le mie due chiocciole. Riprendo il cammino che ora è quasi corsa. Trovo il
guscio vuoto. Intatto. Allora c'è qualche speranza. Non riesco però a essere
davvero ottimista. Infatti, di lì a poco scorgo tra i solchi inequivocabili un
grumo composto da guscio sassi e materiale organico. Non ce l'ha fatta cristo!
Un lieve senso di colpa affiora dentro di me. Egoisticamente penso “sono quasi
cieco come una talpa eppure l'ho vista, accidenti” Già, occhio non vede cuore
non duole. Invece gli toccherà dolere. Vado avanti con la tenue speranza che
almeno l'altra si sia salvata e allungo il passo temendo il peggio. Mentre cammino,
attivo il radar e perlustro ogni centimetro di terreno che mi sfila sotto i
piedi come un tapis roulant. Dopo dieci minuti, realizzo che oramai devo aver
superato il punto dove ho incontrato la prima lumaca e tiro un sospiro di
sollievo. Almeno una si è salvata. Rallento un po' e cerco di distrarmi
guardando il paesaggio ma non riesco a non pensare al mio atteggiamento di poco
prima quando ho cercato di mascherare la mia indifferenza con un bislacco e
supponente ragionamento intellettuale mentre sarebbe stato così semplice
interrompere per un attimo il mio cammino, prenderle delicatamente fra le dita
e riporle dolcemente sull'altro lato della strada mettendole così al sicuro.
Piuttosto che prendere una facile decisione, ho preferito perdermi in inutili
elucubrazioni, caratteristica del tutto umana, così come quella di cercare a
tutti i costi di trovare complessi e reconditi significati anche quando questi
non ci sono. Potevo fermarmi ma non l'ho fatto, punto. E' sempre una questione
di scelte: per non perdere tempo, ho preferito fosse il caso a decidere al
posto mio e l'ho fatto sapendo che stavo puntando loro una pistola pronta per
un giro di roulette russa a cui i due ignari molluschi non sapevano di
partecipare.
Ogni
azione determina un effetto e non è certo che quelle buone portino con certezza
buoni risultati ma se tornassi indietro, non avrei dubbi e senza scomodare
alcuna divinità so che la mia decisione sarebbe molto diversa da quella che
presi quel giorno perché anche se sono consapevole che le nostre scelte non
sempre hanno il potere di modificare sensibilmente il corso delle cose questo
non significa che possiamo sottrarci dalle nostre responsabilità semplicemente
girando la testa di lato.