mercoledì 16 maggio 2012

la qualità è oggettiva il gusto è soggettivo

A volte ci si chiede come possano avvenire i cambiamenti culturali di un paese. Lo si può fare ribaltando la prospettiva delle cose con l'uso distorto delle parole e soprattutto legittimando la mediocrità portandola addirittura al potere, politico, sociale e culturale. In questi anni molti si sono mossi in questa direzione accusando chiunque evidenziasse il degrado del nostro cinema, della nostra musica, della nostra politica ecc.ecc. di snobismo e di conseguenza di guardare i propri simili dall'alto in basso mentre a mio avviso la mancanza di rispetto è soprattutto di chi attraverso un populismo becero ha preferito "nutrire" i propri concittadini rifilandogli cibi precotti, magari saporiti ma sicuramente di scarsa qualità che si sa alla lunga creano non pochi danni. Il risultato è che viviamo in un paese dove vengono prodotti e divulgati in prevalenza "lavori" di scarsa qualità e la cosa peggiore è che nessuno tra gli addetti ai lavori ha il coraggio di ammetterlo fino in fondo. Si preferisce assecondare il pensiero cosiddetto comune, non della maggior parte delle persone ma della maggioranza dei consumatori, quello sì, accusando chiunque si metta di traverso e si indigni di essere il solito intellettuale sulla torre d'avorio. Spesso capita anche me di essere accusato di aver gusti troppo "elitari"(amo Tarkowskij ma mi entusiasmo anche con Batman begins),e di non rispettare quelli "più semplici" ma altrettanto legittimi degli altri. Questo è davvero grottesco. Possibile che nessuno si renda conto che in Italia da anni si persegua oramai solo la quantità e non la qualità e che senza quest'ultima è davvero difficile crescere. E' possibile che ancora non si capisca quanto sia bello imparare, stupirsi, diramare le matasse, percorrere sentieri poco battuti. Ma cosa c'è di presuntuoso nel denunciare la mediocrità che frena quel naturale movimento che dovrebbe appartenere a tutti gli esseri umani. La democrazia si compie quando chi sa, chi conosce, chi scopre, condivide queste sue conoscenze con i propri simili e non offrendo loro solamente quello che già conoscono, perché se è vero che questo non creerà frustrazioni interromperà sicuramente quel cammino di cui parlavo prima. Mi fa piacere, di conseguenza, che qualcuno, molto più autorevole di me, condivida queste mie riflessioni come Mauro Gervasini, critico di Film TV con il suo pezzo "L'alibi dei mediocri" che a sua volta cita quello apparso sul Corriere Della Sera, scritto da Paolo Mereghetti dal titolo "nuovo cinema populista" Gli articoli in questione si occupano soprattutto di cinema ma a mio parere sono trasversali e aiutano a mio parere a comprendere lo stato delle cose. Vorrei completare questo mio post con alcune parole estrapolate da una intervista rilasciata dall'attrice statunitense Susan Sarandon a Alias, l'inserto culturale del Manifesto: "Guardi, credo credo che i film abbiano sempre un impatto profonda sulla cultura. E di solito è proprio questo il problema, il problema è che i cosiddetti film apolitici in realtà promuovono implicitamente lo status quo e quindi indirettamente avvallano anche il razzismo, il sessismo e la discriminazione ma nessuno li identifica come "politici". Appena però un film critica il sistema allora diventa un film politico e quindi veleno al botteghino."

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