venerdì 14 novembre 2008
la panchina vuota
In questi giorni non ho avuto molto tempo da dedicare al blog e mi dispiace non aver discusso con voi dell'atto atroce e indescrivibile che alcuni esseri innominabili hanno compiuto nella mia città. Il primo pensiero è stato " ma come è possibile? che razza di bestie!... ma poi immediatamente ho cercato un'altra parola per definirli, perché sentivo che poteva suonare come offensivo per degli animali che mai, mai potrebbero arrivare a tanto!.. Non l'ho ancora trovata.
Passando dal blog di Milvia mi sono stupito (non più di tanto, oramai) di leggere questo suo post che comincia proprio dalla stessa mia riflessione.
Vi invito a leggerlo con attenzione. Grazie
stefano
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7 commenti:
Ciao Stefano sono Andrea,tuo occasionale compagno di viaggio.Bè a proposito dell'atroce vicenda avvenuta a Rimini sono anch'io rimasto senza parole.Qualunque commento ancora adesso mi risulta......inadeguato tanta è l'indignazione, tale da togliere il respiro.Poi ho letto il testo della canzoene di Louis che tu hai pubblicato ed ho ripreso fiato......ciao.P.S. ti invito a visitare il mio Blog che ho appena creato vorrei il tuo contributo
Stefano,
non sempre siamo compresi; io quando sono triste corro a casa tua, tiè:
http://www.youtube.com/watch?v=KhtWf5Vl6Ag&feature=related
, regalo.
* * *
La tua panchina è tristemente bella, ma è tua? è un tuo lavoro? E' bellissima.
* * *
Su quello che c'era, sull'altra panchina...ho versato fiumi di parole, in passato, sul superamento della nostra capacità di essere animali, si ho detto proprio "animali", non siamo capaci di essere dolcemente animali. Le bestie non lanciano benzina, anche quelle che potrebbero avere il pollice opponente; gli animali uccidono solo per mangiare o se molestati.
* * *
Ora ti ingolferò il blog con un contributo, che c'entra poco con la storia del povero nostro amico homeless,è una storia antica, or sono quattro anni, ma tanto attuale.
Augias (Corrado, pubblicò questa mia lettera sul paginone centrale de "La Repubblica", era l'11 novembre 2004. Il tempo non è cambiato, quel tempo è questo tempo, anzi, sono stato una brutta cassandra, dopo la mia lettera cominciarono le guerre di camorra.
Qualcuno li deve avvisare
Gentile Corrado,
Sono un napoletano pentito, si pentito.
Per quasi cinquant’anni, facciamo di meno, almeno dai quindici anni d’età e quindi da trentacinque anni a questa parte, ho creduto in Napoli.
Ho creduto nella sua capacità camaleontica di sopravvivere e risorgere. Le sue storie sovrapposte di cadute e rinascite mi convincevano che gliel’avrebbe potuto fare. Ricordo quel natale del ’75, quando Maurizio Valenzi sindaco pose la prima pietra della metropolitana: quel treno l’ho preso dopo vent’anni, avevo gia quarantasei anni. Ricordo il rinascimento di Bassolino, per quattro/cinque anni abbiamo dato colpi di sciabola micidiali al vecchio, alla staticità della politica: il cambiamento era la faccia di piazza Plebiscito vuota di macchine, tornata ad essere il monumento per cui era nata.
Poi, lentamente, la cancrena si è impossessata di un corpo malato dal terremoto dell’80.
Io ho un osservatorio privilegiato per leggere la città: il vetro del mio autobus che guido da ventitrè anni, e il film che mi passa davanti ogni giorno è la sequenza di un “Apocalipse new” continua, dall’esterno e anche dall’interno, dove come in un talk-show si susseguono i personaggi della società partenopea che cambia e le assicuro, cambia male. Il divenire di questa comunità è cupo, l’anarchia della legalità comincia col non pagare il biglietto del bus al prendere a calci l’autista se si è arrivati in ritardo. E a fare questo non sono i delinquenti comuni ma persone mediamente piccolo-borghesi, figlie di una società che è scoppiata. C’è un livellamento in basso della comunità e la mia indignazione consiste nel fatto che non è possibile che solo pochi di noi si siano accorti di questo.
Gli intellettuali partenopei, che vivono tra Roma e Posillipo che tipo di società vedono?
Perché quando dei ragazzini lanciano della “merda” sul loro futuro (gruppi di ragazzi hanno realmente lanciato dello sterco sugli autobus scoperti che fanno la visita guidata dei monumenti) non aprono un dibattito permanente anche a livello nazionale su questa meravigliosa Bagdad occidentale da salvare? Quando dico ai miei colleghi che le truppe italiane devono venire via dall’Iraq per essere inviate a Napoli non sorridono ma annuiscono pensosamente.
I “Maitre a penser”napoletani amano i salotti buoni della Fnac o della Libreria Feltrinelli, e qualche invito da Costanzo dove continuano a vendere mandolini e pizza.
Napoli è ormai questo: da un lato i fermenti culturali delle piccole nicchie cult, con gli eventi e l’offerta culturale per i turisti e i pochi intimi delle aree piccolo-borghesi dell’intellighenzia social-solidaristica (se vuole, amico mio, non medio coi termini e dico esplicitamente:la sinistra), dall’altro la maggioranza “rumorosa”, la società B, quella sottoproletaria e destrorsa, quella che applaude ai cento finti disoccupati che occupano manu-militari ogni giorno la città, quella che continua a comprare le schede Sky taroccate, la macchina di traverso in pieno giorno, con vigili impauriti di fare il loro dovere perché se “identificati” possono essere aspettati sotto casa e picchiati dal primo violento, che si fa “giustizia al contrario”, da se.
I ragazzini di tredici anni col coltello, di cui la “Rosetta Iervolino” voleva vietare la vendita:ancora pulcinellate. Gli improperi dei centauri col motorino, gente anche “per bene” a cui è schizzato il cervello e che se non ti togli dalla scia ti tampona e ti dà cazzotti nel vetro della macchina.
Secondo lei c’è differenza tra lo sgozzatore iracheno ormai classico e quel padre con la figlia che va a vendicare il furto del motorino non “semplicemente” sparando al ladro, ma finendolo a terra col colpo di grazia? Non mi si parli di caso isolato, è solo un seguito eclatante dei tanti accaduti non meno feroci. Allora, e rivendico come italiano il diritto di usare questa frase, “mi consenta”, eccellente Augias di pentirmi di essere stato napoletano, me ne vado, non la rivoluzione ma le riforme, se le facessero loro, io sono stanco, chiedo asilo in qualsiasi altra città dove il vivere non sia sopravvivere.
Con profonda stima e ringraziandola sempre di esserci nella società italiana con la sua nobile indignazione la saluto affettuosamente.
Francesco Di Domenico
che bella lettera francesco, straziante e sferzante come un secchio d'acqua gelida in testa.
So che quelli come te non se ne andranno mai, cambieranno magari città ma non smetteranno mai di darsi da fare anche se quel "darsi da fare" apparentemente non servirà a migliorare le cose (per me non è così... possono contagiare anche i buoni pensieri e
scandalosamente anche l'amore) a modificarle sostanzialmente; Fortunatamente ci sono persone come te che ci riescono a essere "dolcemente animali"... speriamo non vengano rinchiusi in qualche zoo.
Se dovesse succedere giuro che vengo ad aprire le gabbie.
p.s. sulla panchina.
Molte delle immagini che trovi sul mio blog sono immagini rubate e elaborate al computer personalizzandole un po'.
ciao francesco, mi è partito il commento senza averti salutato e augurato una buona domenica
stefano
leggere l'intero blog, pretty good
imparato molto
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