lunedì 4 maggio 2009

un trio più un ospite inatteso


Non voglio raccontare nulla del concerto di ieri sera; d'altra parte come si può "raccontare" la musica, descrivere sensazioni, trasmettere emozioni che solo standoci dentro -al suono - puoi veramente provare. Non voglio e non posso descrivere quello che tre musicisti - che non avevano mai suonato ne provato assieme - sono riusciti a fare in uno splendido tardo pomeriggio ad onferno, su un tappeto d'erba e come unica scenografia la folta chioma degli alberi che giganteggiavano loro attorno. Non voglio parlare di come gli strumenti siano partiti lentamente, sgocciolando piccole note che si rincorrevano timide, quasi a voler far conoscenza, per poi crescere sempre più fino ad abbracciarsi in un unisono vorticoso di musica che riempiva l'aria e il petto. No, non voglio far niente di tutto questo perché sarei sicuramente impreciso e ogni parola "suonerebbe" povera ed inutile.
Quali parole, poi, potrei trovare per descrivere quello che è accaduto verso la fine del concerto, quando Markus, abbandonato il suo fedele clarinetto, ha abbracciato il didgeridoo, strumento antico proveniente dall'Australia, dal suono profondo ed evocativo come pochi, Danilo sempre barricato dietro alla batteria ha agguantato un tamburo e Fabio, deposto il duduk ha ripreso in mano il flauto traverso e senza neppure uno sguardo hanno cominciato. Sono partiti per un altro viaggio musicale trasportando tutti noi con loro. Il suono ci avvolgeva tutti, ci abbracciava, ci riempiva e cresceva; quella mescolanza di suoni antichi e moderni fusi perfettamente tra loro ci proiettava in una dimensione sonora davvero struggente. Erano già trascorsi diversi minuti dall'inizio del brano quando improvvisamente gli alberi fino ad allora immobili hanno cominciato a muoversi tutto intorno a noi, il vento sembrava accrescere sempre più la sua forza e soffiava e sibilava sempre più intensamente; quella che pareva essere una semplice folata si rivelò tutt'altro. Sembrava che qualche spirito della foresta si fosse improvvisamente destato e avesse deciso di unirsi ai tre musicisti smuovendo l'aria con un'incredibile forza naturale avvolgendoli completamente con il suo magico strumento. Il trio diventato ora quartetto grazie a questa presenza del tutto inattesa continuava ancora in un crescendo continuo fino a quando, sia la musica che il vento hanno cominciato lentamente a perdere d'intensità fino a scomparire del tutto lasciando posto ad un silenzio palpabile e al nostro stupore, alla nostra incredula meraviglia.
Ecco ditemi voi, come potrei trovare parole adatte a raccontare un momento così intenso e sublime senza essere considerato un "partigiano" visionario ed emotivo?
No, mi dispiace non è per mancanza di coraggio e di generosità che non racconterò nulla, ma solamente per la mia totale incapacità a trovare vocaboli "giusti" per potervi trasmettere un solo briciolo di quell'emozione che ho provato ieri sera su quel tappeto d'erba, assieme a pochi altri, circondati da una sontuosa e magica scenografia naturale.

stefano

3 commenti:

cristina bove ha detto...

che bella descrizione poetica, Stefano!
quanto mi sarebbe piaciuto esserci!

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

ciao cristina, probabilmente ho esagerato ma ti assicuro che quel è stato uno di quei "momenti".
Quei momenti da ritagliare e da mettere lì da qualche parte...

ciao cristina
un abbraccio

cristella ha detto...

accidenti a chi non c'era (come me...)
fortunato chi c'era!