sabato 9 agosto 2008

PIZZA COLLECTION




La morte della pizza


La pizza non morì subito, la sua agonia fu lenta e tormentata e cominciò quando una terrificante birra di Amburgo le fu deposta a fianco. Il carnefice non l’aveva ancora colpita: prima doveva lavarsi le mani, che Pilato! Lei, non più calda, cominciava ad afflosciarsi. Nel mentre, aveva avuto anche una breve conversazione con una mosca bilingue, che le riferì venire dall’Italia .
Era stato un sequestro incauto, da parte di un trasportatore di pesche dell’agro nocerino- sarnese. Con lei altre centinaia di sorelle, disperse nei land, qualcuna di quelle micidiali mosche campane era già nel Bundestag e molestava la Merkel sul collo (Kohl sul collo?).
“Oh- pensò la pizza- anche suo padre era Italiano”.
Davanti al bagno, una mostruosa fila di Turchi con la diarrea, aveva fatto desistere l’assassino che era tornato sui suoi passi .
“Non mi lavo le mani, il bagno è occupato”
Non l’avrebbe fatta fuori con le mani, l’avrebbe tagliata a spicchi sottili: oddio
che strazio ! Adesso pensò, sono quasi fredda e floscia, e se rinunciasse a me per un paio di würstel caldi? Intanto, un altro essere , un po’ diverso da quello che l’aveva ordinata si avvicinò e, dopo avergli soffiato in bocca si sedette. Era diverso, in testa non aveva corti fili neri, ma lunghi del colore della birra e il corpo non era incartato come un panino da mangiare al parco, ma avvolto in una tenda aperta sotto.
Il secondo soggetto ordinò dei würstel e mentre parlava e risoffiava in bocca al primo, io diventavo gelida e più viva che mai : ero immangiabile e felice.
Sarebbero state quelle odiate salsicce tedesche, che arrivavano calde e tronfie, adagiate su di un morbido letto di crauti, a morire. ”Hans , se non la mangi la prendo io “ e così dicendo quell’orrido individuo sopravvenuto al primo, mi avvoltolò tra le mani come una pizza e aggiunse:
“Non li capisco gli italiani che la mangiano bollente, a me la pizza piace fredda”.
Si udì un gorgoglio profondo, un rantolo di morte.
Un vecchio maresciallo della wermacht raggelò e usci di corsa, rincorso dal cameriere con il conto. Deglutendo, come se avesse inghiottito gli occhi, il boccheggiante disse:
”Scusami Hans, non mangio da ieri ,dev’essere lo stomaco”.
Morì dopo due giorni, durante l’autopsia dal suo stomaco fu estratta una pizza da cinque marchi, ancora calda. Il padrone del ristorante, un italiano, fu arrestato per aver cucinato una pietanza con mozzarella rancida. Non lo avrebbe mai ammesso.


Tratto da:
Da Friedrich Durrenmatt “ La morte della pieza” ?
Da Eduardo (atto unico 1944) “ pizza, zeppole e panzarotti ”?
Da Da Umpa (poeta Senegalese dell’epoca pre –Senghor ) “Grano e pizza per il nero” ?


Francesco Di Domenico


L'uomo della pizza



La pizza, intatta e ormai fredda, sembrava una faccia. Come l'uomo della luna. Una faccia stolida e rubiconda, da alcolizzato. Che c'è da guardare, idiota? Mai visto qualcuno piangere?

Il telefono aveva squillato intorno alle nove e mezza: ''Buongiorno, dica''.
''Sono io. Hanno ammazzato Lennon.''

Fu una lunga mattinata. Lavorare facendo finta che non fosse cambiato nulla.
Era cambiato tutto, in realtà. Era finito qualcosa: la parte bambina che crede nell'impossibile era caduta sanguinante su un marciapiede lontano, aveva agonizzato in un ospedale, era cadavere su un tavolo di acciaio. La parte ingenua, forse, che era convinta di poter curare il mondo, nonostante.

E parlava, e parlava. A fatica, perchè ogni parola era una fitta di dolore. Parlava di un'infanzia strana e difficile ma a suo modo bella, di un'adolescenza di ferite sanguinanti, di solitudine dentro, di paura. Del crescere troppo in fretta, delle responsabilità. Delle speranze e dei desideri che andavano sempre a cozzare con le priorità di esigenze altrui e venivano rimandati. Ci penserò domani.

Parlava guardando la pizza, e sentiva a ripetizione il rumore degli spari che avevano ammazzato i suoi sogni.

''Sono stato una merda di padre, vero?'' disse lui.

Lei alzò la testa.

Sì, pensò. Ni, pensò.

Plink, fece una lacrima cadendo sulla pizza. Sul naso dell'uomo della pizza.

No, disse.

gea



CONSOLIAMOCI CON LA PIZZA


Senza palo. Bastarono loro due per svaligiare la casa in quella torrida domenica d’agosto.
Entrarono indisturbati e perlustrarono.
Ma qui non c’è nulla, disse uno. E abbiamo portato due sacchi! Bastava una busta del supermercato, cazzo.
Desolati arraffarono alcuni soprammobili. Ci daranno dieci dollari per questa robetta, vaffanculo!
L’altro aprì il frigorifero. Però, esclamò. E tirò fuori una pizza abbondantemente condita.
Beh, disse, consoliamoci con la pizza. E la divorarono senza lasciare nemmeno una briciola.

Quando tornò rimase impassibile di fronte al soqquadro. Devo aver chiuso male la porta, pensò.
“Ciao, come va?”.
“Oh, quanto tempo! A che devo questa telefonata”.
“Mi hanno svaligiato casa”.
“Ma non mi dire! Danni seri?”
“Due stupidaggini. Mi secca di più che abbiano mangiato la pizza che avevo tenuto per stasera”.
“Pizza?”
“Sì, piena di interiora e frattaglie. Una specialità”.
“Vabbè, la rifarai”.
“Contaci. Anzi, mi metto subito al lavoro. Ti saluto, stammi bene”.
“Anche tu. Ciao Hannibal”

Enrico gregori


VOGLIA DI PIZZA

Notte agitata, nessun miglioramento, il respiro asmatico faceva abbassare ritmicamente il lenzuolo, ma intorno l’aria era gelida.
Distingueva a malapena una parete bianca, dei grandi cassetti, un tavolo di metallo.
Ma chi aveva detto che lui non ce l’avrebbe fatta?
Ah, sì, ricordava, era stato il primario. Era passato nel pomeriggio con lo stuolo dei tirocinanti, gli aveva tastato il polso e poi aveva dichiarato che non sarebbe arrivato al mattino successivo.

Ma io adesso sono indignato, ho le braccia intorpidite e mi formicolano le gambe, una gran sete, qualcuno mi porti da bere.
Ma perché le luci sono spente?
Ho anche fame.
Mi sollevo a sedere sul letto (ma prima non c’erano le sponde?), mi massaggio le gambe, cerco le pantofole…niente il pavimento è freddo.
A piedi nudi mi avvicino alla porta, la spalanco, qualcuno avanza nel corridoio illuminato.
- Ehi – grido - vorrei una pizza, una margherita col basilico!-
I due mi guardano, impallidiscono, il più alto cade con un tonfo sul pavimento. L’altro urla come un forsennato indicandomi.
- Strano – mi dico – in fin dei conti ho chiesto solo una pizza -.

cristina bove



SPEEDYPIZZA

Ma quando cazzo arriva questa pizza? L’avevano ordinata alle otto e avevano avuto assicurazioni della consegna con speedy-pizza non più tardi delle otto e quaranta. Le nove erano passate da un pezzo ma non si vedeva arrivare nessuno. Due margherite e una capricciosa, e la fame cominciava a farsi sentire.
Intanto continuavano a bere birra, tentando di calmare la sete in una serata in cui il termometro continuava a volere stare sopra i trenta gradi, senza alcun accenno di discesa. Le bottiglie stavano per finire, ma di pizza manco l’ombra.
-----
Il campanello suonò alle nove e tre quarti e la voce al citofono parlava un italiano stentato.Sicuramente un extracomunitario: scusa dottore ho avuto un incidente di motorino dottore, ma ho qui tua pizza dottore, a che piano dottore…
Su al quarto. C’è l’ascensore.
Le pizze erano fredde, gommose e immangiabili, fra l’altro la mozzarella si era incollata alle scatole di cartone.
E io dovrei pagarti per questo schifo consegnato con un’ora di ritardo?
No dottore, ma io avuto incidente dottore. Guarda dottore, io rotto pantaloni dottore e mia gamba tutta insanguinata dottore. Tu non paghi dottore, ma io licenziato domani dottore se no soldi di tua pizza.
Dai vieni che disinfettiamo la ferita. … E dimmi quanto ti devo, và, per questa volta…. Non voglio avere sulla coscienza il tuo licenziamento. Quanto alle pizze portatele pure via, buttale nel cassonetto, tanto mi è passato l’appetito.
------
Dai Rocco, fila col motorino prima che quello si affacci al balcone, le pizze le portiamo a Via Chiabrera, che c’era un’altra ordinazione.
A Gennà, certo che così di soldi non è che se ne tirino via poi tanti co’ ‘sto giochino; e me sarei pure rotto i cojoni di mangiare tutte ‘ste pizze ogni sera. Nun è che se potemo inventà anche uno speedy-matriciana?


Carloesse (Sirotti-Speranza)









L’ultima pizza

Fu arrestato mentre rientrava a casa dopo aver gustato la sua ultima pizza.
Veniva dal locale di Bazilick Mozharel ultimo discendente di una stirpe di dervisci roteanti prestati all’arte pizzaiola.
Mentre si esibiva nel suo ipnotico roteare Bazilick ne approfittava per preparare decine di basi perfettamente tonde, dove avrebbe poi steso la salsa di pomodoro e successivamente i tipici ingredienti necessari per completare l’opera culinaria. Un duplice spettacolo.
Purtroppo nel 2057 mangiare pizza era proibito. Era ritenuto un atto reazionario, anti-nazionalista. Per questa il locale del nostro pizzaiolo roteante si trovava nel bosco degli specchi bugiardi, un luogo dove era impossibile entrare utilizzando le sole facoltà intellettive. Poteva raggiungere il luogo proibito solo chi possedeva l’ormai perduto senso dell’olfatto… bastava seguire ad occhi chiusi il profumo del basilico e dell’origano. Questo era l’unico modo per giungervi indenni, senza impazzire sbattendo continuamente la fronte negli specchi, i quali essendo falsi, non riflettevano l’immagine di chi vi si poneva di fronte, costringendolo a tremende capocciate
Il nostro uomo era uno dei pochi, ancora in possesso di queste rare facoltà olfattive, ma purtroppo dopo mesi di pedinamento lo fermarono all’uscita del bosco.
Fu accusato di anti-consumismo sfrenato e di essere un ribelle nostalgico dei più pericolosi, un vero nemico del sistema. “ come può un degno cittadino essere così egoista e parsimonioso – sentenziò il giudice – lei possiede una sola aeromobile oramai obsoleta, acquistata ben 6 mesi fa, ripara oggetti invece di gettarli, li ricicla, vive in una sola casa e cosa molto grave, non fa mai lavoro straordinario… se lei non incrementa gli introiti come potrà poi consumare? Lei sa benissimo che un cittadino degno di questo nome lavora almeno per sedici ore al giorno… pensi se i suoi colleghi la imitassero, sarebbe la catastrofe, il sistema crollerebbe…”
“Ma l’accusa più infamante – continuò il grande inquisitore, guardando i membri della giuria - la cosa grave che ci ha indotto ad intervenire è proprio l’aver scoperto che lei, oltre ad aver questi comportamenti davvero riprovevoli, lei si reca ogni sabato nel bosco proibito a mangiare pizza”. Ci fu un oooh! generale di riprovazione. – “.. e sapete che pizza prende il nostro caro amico? qui fece una pausa per rendere maggiormente enfatico l’istante e sillabò lentamente le parole – una ba-na-lis-si-ma mar-ghe-ri-ta con pomodoro,… mozzarella e ….basilico!
Questo è davvero imperdonabile… lo capisce vero?
Perciò questa corte intergalattica la condanna al lavaggio del cervello con liquido solvente a base di nelsencatodicozedrina e all’ascolto ininterrotto per un settimana di tutta la raccolta di cidi di giggidalescio, così da inibire tutte le sue propensioni verso l’arcaica cultura partenopeica.
E così fu.
Il suo cervello ritornò allo stato elementare come quello del tuttologo Alberioni, noto soprattutto per le acute osservazioni: “ se fuori è nuvolo ci sono molte probabilità che piova, ma se tira un po’ di vento questa eventualità potrebbe anche non verificarsi, oppure se vi batte il cuore in maniera strana, e sudate, o siete perdutamente innamorati o vi sta per venire un colpo ….”
Tutti i membri del comitato si congratularono per lo scampato pericolo.
Ancora una volta il sistema era salvo.
Poveri illusi!
Oltre il cervello gli avrebbero dovuto ripulire anche l’intestino!
Invece dopo un po’ di tempo cominciarono a spuntare germogli, nelle poche zone non ancora cementificate, che presto diventarono piante di pomodoro che si moltiplicarono all’infinito fino ad invadere l’intera galassia.
Infine l’esplosione!
La più grande pommarola della storia della galassia!

Stefano mina




Pizza sprint


Il giorno che perdemmo Luca era cominciato con un po’ di pioggia.
All’ora di mensa, però, aveva già finito.
Portai su il mio gruppo appena suonata la campana, quarantadue scalmanati che si fermavano a mangiare a scuola per tirarsi panini, bere aranciata con la pastasciutta, battere le mani e ululare se qualcuno faceva cadere un piatto o, gaudio!, l’intero vassoio. Seduta al tavolo con il gruppo dei supereroi, quelli che inghiottivano il cibo in quattro secondi netti e volavano giù per le scale in otto, nove secondi, facevo passare lo sguardo sul tavolone vicino. Qualcosa non quadrava.
“Nel tuo gruppo manca Luca”, dissi piano alla collega che fissava assente fuori dalla finestra.
“Ma va’”, rispose lei.
“Ma sì”, insistetti.
“Sarà assente”, mi tranquillizzò lei.
“Stamattina gli ho dato una nota”, spiegai.
“Figurati! Ti stai confondendo”, alzo le spalle.
“Ha messo il compasso nelle chiappe di Martina”, precisai.
“Dici che manca?”, si girò a guardarmi.
“Dico”, la fissai io.
“Ma va’”, ripeté lei e fece segno al suo gruppone di seguirla in cortile.
Aspettai che anche i miei avessero finito, li radunai, sequestrai le arance che Mattia si era messo in tasca per fare al tiro al bersaglio con qualche compagno, scesi con loro, li affidai al collega di musica e cominciai a girare per cercare Luca. Sparito.
Chiesi in giro, ai disperati della sua compagnia. Sì, ma, non so, possiamo andare a giocare a calcetto adesso?
Mi decisi a telefonare alla madre, a disturbarla al lavoro.
“Signora, Luca doveva andare a casa a mangiare?”
“No, sta in mensa”, rispose la madre, tranquilla.
“Signora, scusi, non si è fermato in mensa”, spiegai, mentre cercavo il numero dei carabinieri, dell’ospedale più vicino, e di un avvocato per la collega che l’aveva nel gruppo.
“Ah, no?”, fece la madre, lontana.
“No, signora, non lo troviamo”.
“Ah, sì, scusi, gli ho fatto il permesso, è andato al Pizza Sprint.”
“Scusi?”, chiesi.
“Sì, Pizza Sprint, sa, quando in mensa fanno delle schifezze, lo mando al Pizza Sprint.”
“Oh. Scusi, allora c’è un permesso da qualche parte?”, chiesi, pensando di andare a tirare il collo alla collega e a quelli della segreteria.
“Eh, sì, c’è il permesso, gli piace da matti la pizza, esce con quelli che vanno a mangiare a casa ma lui lo mando al Pizza Sprint.”
“Quindi lei lo sapeva, di oggi?”
“Sì, sì, Pizza Sprint. Luca ama la pizza. A Pizza Sprint la fanno buona.”
“Ora controllo, eh, signora?”
“Ma cosa vuole, Pizza Sprint è lì a un passo dalla scuola, cosa vuole che sia, ora torna. Gli piace, mangiare la pizza e poi tornare a scuola.”
Il giorno che perdemmo Luca era un lunedì.
Pizza Sprint era chiuso.

annalisa





31 commenti:

Anonimo ha detto...

Da qualunque posto venga, questa pizza, è gustosissima :-)

Anonimo ha detto...

Gustosissima proprio non direi. Fa venir voglia di evitare la pizza per almeno un lustro. Almeno quelle tedesche. Dovrebbero imporre il marchio a quella originale. Le altre potrebbero chiamarsi similpiz, fintopiz, merdapizz, pizzdelcazz o altro.
:-)
Carloesse

Anonimo ha detto...

Due pizze gustosissime e diverse. Meglio così, ce n'é per tutti. E meno male che didò ha già scritto. Se avesse letto prima il racconto di Gea si sarebbe ispirato e ci avrebbe narrato di quando lui, Sergio Bruni, Nunzio Gallo e Giacomo Rondinella andavano a mangiare la pizza coi fiarielli a casa di quel devastapalle di Pino Daniele. Scampato pericolo....spero.
Enrico Gregori.

Francesco Di Domenico Didò ha detto...

@Gea,
quando un uomo con la pistola incontra una donna col fucile, l'uomo con la pistola è un uomo morto.
...
@ Greg,
conosci troppe cose di Napoli, bastardo, è tipico dei veri giornalisti; non capirai mai se sono stati in un posto o stanno scrivendo il pezzo sull'incidente della galleria dell'Almà, seduti ad una bar di via del Tritone: è classe, e il vecchio pitone ne ha.
...
@Stefano!
"..."non ho ancora capito cosa dipingo, però mi piace farlo"...", cazzarola è bellissimo, mi hai ricordato quando a mia figlia chiesero un commento ai suoi quadri e lei, incazzata nera mi ha fatto:" Papaaà, miseria! scrivi quattro cazzate per questi stronzi, io non devo spiegare la mia pittura, che cazzo ne so che dipingo? Io dipingo. Scusami papi, lo so che non scrivi cazzate,fai un'eccezione!"
Didò

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

@ gea
ciao cara sei sempre così gentile a darci retta e lo fai sempre con gran classe!
...una domanda però: come fai a non amare la pizza?!
@ enrico
ah! allora ci sei, didò mi aveva parlato di amache e di grattate, ti pensavo in vacanza in qualche isola caraibica!
@ didò
mi fa davvero sorridere questo tuo andare a spulciare negli angoli della mia stanza... ogni tanto, ci trovi qualcosa e la tiri fuori, così, all'improvviso.
I quadri di tua figlia mi sono piaciuti tanto, trovo che abbia talento ma non chiedermi perché.
E' così e basta!
Non riesco ad analizzare un quadro vivisezionandolo,tirando fuori la tecnica, i cromatismi...non amo andare alla ricerca di qualche recondito significato che magari non esiste neppure... per me è solo una questione emotiva, di equilibri, di ingredienti giusti non perché c'è un manuale che lo dice ma che nascono dalla sincerità e dalla passione con cui si affronta il lavoro creativo.
p.s. certo che i figli sanno essere spudoratamente ma amorevolmente bugiardi ( in riferimento alla tua ultima frase)
ciao collega. un abbraccio
stefano mina il ferroviere

Anonimo ha detto...

@ stefano:
ci sono a tratti, ma credo anche di averti mandato via email il mio raccontino sulla pizza con tanto di successiva correzione di un refuso. ricevuto?
enrico gregori

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

@ enrico
scusami ma salto da una parte all'altra e faccio un gran casino...provvedo subito!
ciao
stefano

Anonimo ha detto...

eccomi.
ha un titolo anche il mio. si chiama ''l'uomo della pizza''.
ma non è poi così importante.
belli, didò e enrico.
ognuno molto se stesso, anche davanti a una pizza.
non è che non mi piaccia.. la mangio pure.
ma non mi fa impazzire, ecco.
(e visti i racconti postati direi che non ho tutti i torti, no?)
:-)

Anonimo ha detto...

Boh, se la pizzeria è ancora aperta vi mando anche la mia cazzatella-margherita.
____________________________
SPEEDYPIZZA
Ma quando cazzo arriva questa pizza? L’avevano ordinata alle otto e avevano avuto assicurazioni della consegna con speedy-pizza non più tardi delle otto e quaranta. Le nove erano passate da un pezzo ma non si vedeva arrivare nessuno. Due margherite e una capricciosa, e la fame cominciava a farsi sentire.
Intanto continuavano a bere birra, tentando di calmare la sete in una serata in cui il termometro continuava a volere stare sopra i trenta gradi, senza alcun accenno di discesa. Le bottiglie stavano per finire, ma di pizza manco l’ombra.
-----
Il campanello suonò alle nove e tre quarti e la voce al citofono parlava un italiano stentato.Sicuramente un extracomunitario: scusa dottore ho avuto un incidente di motorino dottore, ma ho qui tua pizza dottore, a che piano dottore…
Su al quarto. C’è l’ascensore.
Le pizze erano fredde, gommose e immangiabili, fra l’altro la mozzarella si era incollata alle scatole di cartone.
E io dovrei pagarti per questo schifo consegnato con un’ora di ritardo?
No dottore, ma io avuto incidente dottore. Guarda dottore, io rotto pantaloni dottore e mia gamba tutta insanguinata dottore. Tu non paghi dottore, ma io licenziato domani dottore se no soldi di tua pizza.
Dai vieni che disinfettiamo la ferita. … E dimmi quanto ti devo, và, per questa volta…. Non voglio avere sulla coscienza il tuo licenziamento. Quanto alle pizze portatele pure via, buttale nel cassonetto, tanto mi è passato l’appetito.
------
Dai Rocco, fila col motorino prima che quello si affacci al balcone, le pizze le portiamo a Via Chiabrera, che c’era un’altra ordinazione.
A Gennà, certo che così di soldi non è che se ne tirino via poi tanti co’ ‘sto giochino; e me sarei pure rotto i cojoni di mangiare tutte ‘ste pizze ogni sera. Nun è che se potemo inventà anche uno speedy-matriciana?
Carloesse (Sirotti-Speranza)

Francesco Di Domenico Didò ha detto...

@Carlo's: bella, bella, bastardamente e napoletanamente bella.
@ Stefano,
di a tutti che la pizzeria resta aperta tutta l'estate (Didò, come tutta l'estate? Il blog è mio, tu fa il bidello!), mandate racconti, o anche direttamente pizze!
...
@Stefano 2,
stesse storie, da nord a sud...

Anonimo ha detto...

@ carlo:
va bene, la prossima serata insieme una bella pizza al forno e a bordo alto. dopo questo racconto te le meriti

enrico gregori

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

@ carlo
per gli amici è sempre aperta!
e poi la tua è speedy... o no?
@ tutti
come avrete notato didò è un ottimo bidello, di quelli di una volta, quelli che ti prendevano nome e cognome e lo scrivevano alla lavagna quelli che ti cagavi sotto più del preside, perciò fate some dice, mandate, mandate, mandate che l'estate non è ancora finita... e poi devo ancora piazzare il mio...se riesco a limarlo.. a meno che, visto che il blog è mio,non porti la lunghezza a 3000 caratteri...voi cosa dite?

ciao
stefano

Francesco Di Domenico Didò ha detto...

@Stef,
ma poi perchè rimarcare "un onesto pittore riminese"? mi sa tanto di vecchia mignotta che ha messo all'asta le mutande da Sotheby's: da ragazzo fregavi i pastelli alla Standa?

Anonimo ha detto...

charlie mine, sei un genio.
e pure del male, oltre che dei raccontini fulminanti..
fantastico.
camilla e io siamo tue grandi fans.
:-)

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

@gea
prima rispondo alle signore.
tu e camilla siete impazzite? Non fidatevi mai delle apparenze, sono un vecchio ( si fa per dire) mistificatore. comunque grazie, a prescindere ( omaggio a totò/didò):-)))
ciao
ste

@didò
mannaggia, mi hai beccato!
altro che pastelli!
Invece no.Purtroppo sono sempre stato abbastanza onesto, a parte qualche decina di libri in una vecchia compravendita... ma quello non è furto, mi ha detto un mio amico... se non si hanno soldi per la conoscenza cosa bisogna fare, restare ignoranti?

L'arte è falsità, come dice il vecchio platone, perciò disonesta... diciamo allora che l'arte dell'inganno la pratico in maniera onesta... non è facile in questo mondo per lo più ipocrita:-)

...se invece vuoi la risposta seria ti dirò che ho la presunzione di fare pittura in maniera così sincera da poterla definire onesta.
Molti pensano che per rispettare il pubblico bisogna andargli incontro assecondandolo il più possibile...per me non è così! lo si rispetta mostrandogli il più possibile chi sei veramente.
Certo è più rischioso, potresti non riuscire a comunicare ciò che senti,la tua arte, ma quando la magia, l'incontro si realizza è stupendo, te lo assicuro!

ciao didò
ste

Anonimo ha detto...

Anche Stefano ci ha lasciato la pizza della casa, quella consigliata dallo chef.Ma chi l'avrebbe mai detto che sarebbe stata una pizza da fantascienza?
Ah, questi pittori, artisti a tutto tondo, come le pizze del resto!
Saluti a tutti da Carloesse

Anonimo ha detto...

@ stefano:
meno male, credevo di aver visto un disco volante rosso. invece era una pizza. così va meglio, disdico lo psichiatra

enrico gregori

Francesco Di Domenico Didò ha detto...

Tazzarola!
Era un po' che volevo farti i complimenti (ti stai montando la testa, o è tua moglie che te la monta col frustino della panna?), ma quant'è bella l'image dei libri sulla pizza, tazzo!

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

Tazzarola, no, siamo sempre con i piedi per terra, certo facciamo del nostro meglio, noi!
stefano & mina

@gea
Ops! forse mi sono appropriato indebitamente dei complimenti rivolti a Carlo, fa niente,no?
Ha ragione didò, forse mi sto gasando un po':-)))
stefano

Anonimo ha detto...

ma quanto sono belli questi racconti sulla pizza! li leggo solo ora, ma sono scusata: ero fuori sede. bravi tutti :-)

Anonimo ha detto...

@morena anch'io sono fuori... di testa e di casa. Sono a piacenza, naturalmente per lavoro.
...E tu ce lo hai un raccontino sulla pizza ...magari una semplice marinara!
ciao
stefano mina

Anonimo ha detto...

Ehilà, signor Mina, quasi quasi riuscivo a offrirgliela, la pizza fuori casa...
(dovrà accontentarsi di quella virtuale, se sono ancora in tempo)

Anonimo ha detto...

Chiedo scusa se il tempo delle pizze è scaduto, e se il testo, così come è messo giù, prende troppo spazio, ma non sapevo dove altro mandarlo, lo metto qui sotto.

Pizza sprint
Il giorno che perdemmo Luca era cominciato con un po’ di pioggia.
All’ora di mensa, però, aveva già finito.
Portai su il mio gruppo appena suonata la campana, quarantadue scalmanati che si fermavano a mangiare a scuola per tirarsi panini, bere aranciata con la pastasciutta, battere le mani e ululare se qualcuno faceva cadere un piatto o, gaudio!, l’intero vassoio. Seduta al tavolo con il gruppo dei supereroi, quelli che inghiottivano il cibo in quattro secondi netti e volavano giù per le scale in otto, nove secondi, facevo passare lo sguardo sul tavolone vicino. Qualcosa non quadrava.
“Nel tuo gruppo manca Luca”, dissi piano alla collega che fissava assente fuori dalla finestra.
“Ma va’”, rispose lei.
“Ma sì”, insistetti.
“Sarà assente”, mi tranquillizzò lei.
“Stamattina gli ho dato una nota”, spiegai.
“Figurati! Ti stai confondendo”, alzo le spalle.
“Ha messo il compasso nelle chiappe di Martina”, precisai.
“Dici che manca?”, si girò a guardarmi.
“Dico”, la fissai io.
“Ma va’”, ripeté lei e fece segno al suo gruppone di seguirla in cortile.
Aspettai che anche i miei avessero finito, li radunai, sequestrai le arance che Mattia si era messo in tasca per fare al tiro al bersaglio con qualche compagno, scesi con loro, li affidai al collega di musica e cominciai a girare per cercare Luca. Sparito.
Chiesi in giro, ai disperati della sua compagnia. Sì, ma, non so, possiamo andare a giocare a calcetto adesso?
Mi decisi a telefonare alla madre, a disturbarla al lavoro.
“Signora, Luca doveva andare a casa a mangiare?”
“No, sta in mensa”, rispose la madre, tranquilla.
“Signora, scusi, non si è fermato in mensa”, spiegai, mentre cercavo il numero dei carabinieri, dell’ospedale più vicino, e di un avvocato per la collega che l’aveva nel gruppo.
“Ah, no?”, fece la madre, lontana.
“No, signora, non lo troviamo”.
“Ah, sì, scusi, gli ho fatto il permesso, è andato al Pizza Sprint.”
“Scusi?”, chiesi.
“Sì, Pizza Sprint, sa, quando in mensa fanno delle schifezze, lo mando al Pizza Sprint.”
“Oh. Scusi, allora c’è un permesso da qualche parte?”, chiesi, pensando di andare a tirare il collo alla collega e a quelli della segreteria.
“Eh, sì, c’è il permesso, gli piace da matti la pizza, esce con quelli che vanno a mangiare a casa ma lui lo mando al Pizza Sprint.”
“Quindi lei lo sapeva, di oggi?”
“Sì, sì, Pizza Sprint. Luca ama la pizza. A Pizza Sprint la fanno buona.”
“Ora controllo, eh, signora?”
“Ma cosa vuole, Pizza Sprint è lì a un passo dalla scuola, cosa vuole che sia, ora torna. Gli piace, mangiare la pizza e poi tornare a scuola.”
Il giorno che perdemmo Luca era un lunedì.
Pizza Sprint era chiuso.

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

@annalisa
ciao e ben arrivata... ti avevamo ( didò e io) tenuto un tavolo, ricordi?
...che ne dici se una bella pizza sprint la tiriamo in faccia a quella madre lontana?
stefano

Anonimo ha detto...

Ah, ci vorrebbe, sì ci vorrebbe, pizza e altro, su quella madre... Grazie ancora per l'ospitalità e l'idea del 'gioco' e l'attesa :-)

Anonimo ha detto...

da brivido il racconto di annalisa...
davvero brava :-)

approfitto per invitare annalisa e chi passa da qui a partecipare alla sfida del castello di dunnottar (particolari sul mio blog)- scusa stefano, se approfitto del tuo spazio ma mi è venuto in mente ora leggendo quanto sono bravi tutti, te compreso ovvio :-)

Anonimo ha detto...

Dio, nun me songo maje magnato 'na pizza accussì. Marò, che ddio di pizza: buona e, arrapante. Una pizza che ci ha fatto arrecriare. Se tenite nu poco 'e pacienza, ve racconto chello ca è succiesso.

Qui,dint'a sta pizza d'a Stazione Centrale, ce stanno cani e porci, ma si è pecchesto pure ricchiune, femmenielle e zoccole: zoccole locali e zucculune 'e tutt'e razze. se ogni sera te ne fai una, ce vò n'anno pe' ffa 'o giro di tutte le razze d'o munno.
Ma nun ce 'ntalliammo e jammo annanzo.

Io, Giggino 'o Trappano e Gennarino 'o Zuoppo, sabato passato tenevemo 'na famme, ma na famme ca vedevemo soltanto 'e palummelle.ma come al solito dint'e sacche d'e cazune neanche 'n'euro. Nella giornata avevamo cercato di arrangiare quaccosa, ma 'sta crisi economica e finanziaria colpisce pure a nuje e miezz'a via.

Gli utltimi saranno i primi, dice ll'ommo 'e chiesa. Sarà, ma ccà nun se move foglia e nuje continuammo a ce puzzà di fame.

Simmo state pe 'n'ora seduti su un marciapiedi, e ai lati avevamo montoni di munnezza putrefatta e puzzolente.

Arrivati a qusto punto come fai a nun fetè e, infatti fetimmo èe sudore e munnezza: insomma, 'na fetumma originale.

Ma come si dice:
La speranza è l'ultima a morire.
E non per farvi sapere i fatti nostri, ma era 'na semmana ca nisciuni di noi si faceva una sciammeria: 'nè 'na fuggisca, nè una tossica e nemmeno una zoccola che si fa fottere perchè le fai le solite commissioni che richiedono il suo mestiere.

Praticamente fame sotto e fame sopra. Concretamente non siamo stati capaci di acchiappare 'nu friariello nè pe' ce fa 'na marenna e nè pe' 'na chiandella.

La piazza della Stazione Centrale è piena di trattorie, ristoranti e pizzeria e a ogni angolo gli odori del cibo ti ubriacano senza bere, ma soltanto il fumo non bastava.

Una pizza, a parte ll'addore d'a vasenicola, ma diciamo pe' stutà e soddisfare l'atavica fame è quella che ci vuole.

Ma in un vicolo più isolato, chiamato 'o vico degli angeli terreni, abbiamo visto due donne di circa trent'anni che avevano due pizze ciascuna.

Giggì, ma stai vedenno chello ca sto vedenno io?
'o Zuò, ma pure tu stai vedenno ddoje femmene cu quatte pizze mmane.

Si sono incrociati nelle orecchie due Si urlati a squarcia gola.

Guarda,si sono appoggiate col culo sul taglio del tavolo d'o carrozziere che a quest'ora è chiuso.

Giggì ...
Gennarì ...
Giggì ...
Gennarì ...

Ma quelle due ci stanno chiamando.
Hai ragione, ci stanno davvero chiamando. E sorridono.

Venite qui vicino a noi.
Jammo Gennarì.
Jammo Giggì.

Magdalena mi da una pizza e allargando le cosce dice:
Vieni qui.

Jasmine mi dà una pizza e allargando le cosce dice:
Vieni qui.

Sorridevano. Ci accarezzavano e con la bocca che sapeva di pizza ci baciavano. C'erano anche le birre che piacciono a noi.

Abbiamo mangiato sopra e sotto e i baci volavano dal buio del vicolo fino al cielo pieno di stelle.

Ci hanno visto anche i carabinieri, ma non ci hanno accusato nè di rubare e nè di violenza.

E' stata 'a pizza cchiù sapurita d'a vita nosta. E ppò era 'na rota 'e carretta. E vvocche noste sapevano 'e vase e vasenicola.

'A matina quaccuno 'e passaggio ha chiammato 'a polizia dicenno ca ce steveno dduje giovani 'ncopp'a nu montone 'e munnezza.

Maronna, ha ditto don Alfonso 'o barista, ma chilli dduje songo Giggino 'o Trappano e Gennarino 'o Zuoppo. Guarda llà, teneno 'e vocche sporche 'e pummarole.

Abbiamo visto mentre gli infermieri dell'autobulanza hanno accertato le nostre condizioni.Poi ci hanno portato nella sala mortuaria.

Caspita, abbiamo mangiato la pizza fatt'ammore. Quelle due ci hanno salutato, e poi, hanno pianto.

Adesso, non siamo più gli ultimi.
Almeno accussì ce piace e 'e penzà.

Guido Mura ha detto...

Niente male ste pizze!

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

che sorpresa questa pizza napoletana, peccato sia anonima

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

@guido
sono un poco vecchiotte ma ancora niente male