lunedì 3 ottobre 2011

senza titolo

Proviamoci di nuovo. Con la favola ha funzionato e anche se ci ho messo una vita sono riuscito a finire il racconto, perciò ho deciso di tirar fuori questo piccolo racconto incompiuto con protagonista il commissario Magrettì, un personaggio da me utilizzato per un vecchio concorso letterario"LO STRANO CASO DI RUE DES OISEAUX".
Ne pubblicherò una parte con la speranza di portarlo a termine.


Nella penombra del suo ufficio, Il commissario Magretti se ne stava seduto alla scrivania con la testa tra le mani. Gli occhi chiusi. Immobile, pareva dormisse. Invece era ben sveglio, troppo sveglio purtroppo. Avrebbe di gran lungo preferito che tutto quel vorticare di pensieri, quella parata di immagini che scorrevano davanti ai suoi occhi fossero solo sogni e non l'orrida rappresentazione del quotidiano, del suo quotidiano. Ripensava all’ultimo caso che non si poteva ancora considerare chiuso anche se di lì a poco, ne era certo, dalla porta sarebbe arrivata la conferma che i suoi sospetti non erano infondati anche se questa volta, senza alcuna prova, si era mosso seguendo unicamente il suo intuito. Era accaduto tutto in una frazione di secondo ma la differenza tra un buon investigatore e uno normale stava proprio nella capacità di cogliere anche il minimo segno, quello che pochi riescono a percepire. Era davvero stanco. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Difficile riuscire a dormire sulla vecchia e scomoda poltrona dell’ufficio. Si era tolto le scarpe ed aveva allungato le gambe su una sedia ma la tensione non gli dava tregua e non riusciva a distendere i nervi e ad azzerare i pensieri. Nonostante l’esperienza e gli sforzi nel cercare di non farsi coinvolgere troppo dal lavoro, non ci riusciva mai del tutto. Aveva creduto che con il passare del tempo si sarebbe abituato a certe situazione ma purtroppo o per fortuna così non era stato. Purtroppo, perché il fardello che a volte si portava appresso era davvero troppo pesante. Per fortuna, perché questo significava che ancora possedeva quella sensibilità, quella compassione necessaria per svolgere al meglio il suo gravoso compito di investigatore. Compito alquanto delicato visto che spesso era costretto ad insinuarsi nelle pieghe dell’umanità e sapeva bene che per trattare con materiale umano occorrevano sia rispetto che tatto. Cercava innanzitutto di capire prima ancora di emettere giudizi immedesimandosi nella vittima ma soprattutto cercando di intuire le ragioni di chi aveva commesso il reato anche se a volte il “movente”era inesistente. “Non sempre le cose sono quelle che appaiono, dipende sempre da che parte della pistola stai guardando” era solito dire sorridendo, anche se lui la pistola preferiva lasciarla nel cassetto.
Ogni volta che arrivava alla conclusione di un caso veniva colto da sensazioni contrastanti; la parte razionale era appagata da quello che la sua capacità investigativa era riuscita a portare a compimento ma la parte legata alla sfera emotiva gli dava sempre più un senso di spossatezza unito ad una profonda amarezza. Rendersi conto di quello che l'uomo era in grado di fare nei confronti dei suoi simili era davvero sconfortante e non riusciva mai ad accettarlo fino in fondo. Quante bugie era costretto ad ascoltare ogni volta e spesso gli toccava pure far finta di credere a tutte quelle menzogne, quasi volesse in qualche modo giustificare lo sforzo creativo di chi gliele propinava. Pareva che tutti avessero avuto una buona ragione una giustificazione più che plausibile per commettere qualsiasi crimine, anche il più terribile.
Come se non si rendessero conto del limite che avevano superato, quel limite che ogni società si deve dare per far sì che ognuno possa vivere accanto all'altro. Certo ci sarebbe da discutere a questo proposito dato che mai come ora il paese era diviso tra chi veniva punito per qualsiasi reato, anche quelli ridicoli e chi difficilmente metteva piede in un tribunale grazie alle mille interpretazioni della legge e denaro a sufficienza per permettersi la scaltrezza di subdoli avvocati
Basta con queste elucubrazioni tuonò il commissario qua ci vuole una buona pipata
Tirò fuori dal cassetto la scatola con il tabacco e la pipa dalla tasca della giacca.....
Prima di accendere si alzò e andò al giradischi, non l'aveva mai tradito con i più pratici ma freddi lettori cd. Delicatamente sfilò dalla bella custodia di cartone un disco nero come liquirizia e lo depose sul piatto. Alzò il braccio dell'apparecchio, gli fece fare un leggero movimento all'indietro e quando sentì lo scatto lo posizionò proprio sopra il cerchio nero come la pece con estrema attenzione. Si sentì un leggero sfrigolio poi fu soltanto musica quella che riempi la stanza
Ritornò alla scrivania si sedette e allungò le gambe davanti a se prese la pipa e finalmente l'accese.
Il fumo cominciò a salire mescolandosi al suono caldo della tromba di Miles, al sax di Coltrane Ad ogni boccata i nervi di Magretti si rilassavano dopo alcuni minuti la sua mente ritrovò quella pace che da molto tempo aveva come smarrito..
- commissario!
La porta si aprì all'improvviso facendo entrare l'aria fredda dell'inverno ......
"Non c'è niente da fare" pensò M. senza però scomporsi più di tanto "il caro Chevalier, non imparerà dunque mai a bussare"...
" che c'è Maurice?" oramai aveva rinunciato pure a rimbrottarlo
" scusi commissario, ma che puzza c'è qua dentro" e corse alla finestra e la spalancò
" faccia piano e ascolti"
"ma...”
"shhh!”
Al brigadiere non restò che arrendersi. Andò a sedersi sulla sedia di legno posta all’angolo della stanza e in religioso silenzio aspettò per tutta la durata del brano che intanto si era impossessato di ogni cm cubo dell’ufficio inondandolo di note.



“Allora mi dica André” disse il commissario mentre ripuliva il fornello della pipa “anzi no aspetti” accompagnò le parole con un eloquente gesto della mano e dopo un breve istante di silenzio appoggiandosi nuovamente allo schienale della vecchia poltrona, sospirò rumorosamente, come se avesse un gran bisogno d’aria. In realtà significava che era pronto per la sua solita lucida analisi, una sequela di parole che avrebbe lentamente fatto luce su ogni cosa anche la più recondita; Non che fosse interessato a mostrare le proprie capacità deduttive, non possedeva certo l’ego di alcuni suoi colleghi più celebri, ma aveva bisogno di riepilogare a voce alta i fatti per poter sciogliere ogni nodo dal filo dei pensieri, per non trascurare alcun dettaglio. Il brigadiere che prontamente si era alzato per fare il dovuto rapporto al suo superiore si risedette senza protestare. Non era la prima volta che ascoltava il lucido argomentare del suo capo, come un rito obbligatorio a cui, sinceramente, non avrebbe mai voluto rinunciare, tanta era l’ammirazione per il commissario.

“ Allora ricapitoliamo: giovedì scorso è crollata un abitazione piuttosto vecchia, in rue Bruyere, forse una fuga di gas. In quella casa vivevano i due Fratelli Beaucoeur. Uno dei due, quello più anziano, ci ha avvisati immediatamente dell’accaduto e con le lacrime agli occhi ci ha comunicato che probabilmente sotto le macerie era rimasto sepolto il fratello. Lui si era salvato essendo uscito, soltanto un’ora prima, per scaricare la tensione accumulata durante una discussione avuto con il famigliare e questo lo angosciava terribilmente, anche se doveva la vita proprio a quel litigio. Abbiamo avuto conferma di questo dai vicini che hanno sentito le urla attorno alle venti, venti e trenta. Senza perdere tempo si è proceduto con gli scavi nella speranza di trovare vivo il malcapitato e proprio ieri sotto un cumulo di mattoni e travi di legno, miracolosamente l’abbiamo trovato che ancora respirava. L’uomo era ridotto ad un burattino inanimato. Picasso non avrebbe saputo fare meglio. Era ancora inspiegabilmente vivo, come se una forza sopranaturale lo avesse aiutato a resistere per rivedere la luce del sole, un sole che però si è eclissato un istante dopo, dandogli appena il tempo di pronunciare un nome e sgranare gli occhi che illuminarono, così, per un breve attimo il suo volto trasfigurato dal dolore…”
Il commissario fece una pausa perché ricordava bene che fu proprio in quel momento che ebbe quella strana sensazione, come una rivelazione.
Quella che per tutti era stato l’ultimo pensiero per l’amato fratello, per Magretti era l’indice accusatorio della vittima puntato verso il suo assassino. Solo per quel motivo aveva resistito per tre giorni senza cibo e acqua e con il corpo completamente devastato, Magretti ne era più che certo.





3 commenti:

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

naturalmente le parti che aggiungerò saranno di colore diverso

cristina bove ha detto...

mi sono seduta anch'io sulla sedia all'angolo e... aspetto il seguito...

ciao
cri

Stefano Mina "un onesto pittore riminese" ha detto...

ciao Cri, ecco un altro pezzo... per il finale spero in un'intuizione alla Magretti